In una stanza un armadio rimasto chiuso per duemila anni con tutto il suo corredo di stoviglie all’interno, piattini di vetro, ciotole di ceramica, vasi.
In un’altra un tavolino ancora apparecchiato con le sue suppellettili, un letto, una cassapanca.
Nella città campana che dall’80 a.C era diventata una colonia romana, questa era una situazione molto diffusa, sottolinea, “Una realtà che riguardava una gran parte della popolazione, eppure fino ad oggi poco documentata e raccontata”. A fronte della meraviglia dell’esterno con i grandi e sinuosi serpenti e le bestie feroci che fanno bella mostra di sé nel raffinato larario, le pareti di queste stanze che l’ANSA ha potuto visitare in anteprima sono intonacate ma nude, senza traccia di pittura. Come nudo è il pavimento, in semplice terra battuta.
Non mancano i servizi però, una cucina e una latrina, quasi come quelle che si trovano nelle abitazioni più importanti. “Si riuscì a far adornare il cortile con il larario e con la vasca per la cisterna con pitture eccezionali, ma evidentemente i mezzi non bastavano per decorare le cinque stanze della casa”, commenta il direttore.
“Un lavoro di squadra straordinario, una bellissima storia di riscatto, Pompei non smette di stupire”, commenta il ministro della Cultura, Dario Franceschini.