lunedì, Aprile 29, 2024
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Immacolata, Battaglia: “Napoli apprenda dalle donne l’arte della cura”

L'Arcivescovo ha celebrato l'atto di affidamento di Napoli alla Madonna, nella piazza antistante la chiesa del Gesù Nuovo

L’Arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, ha presideuto la solenne celebrazione della festività dell’Immacolata. Dopo la messa nella Chiesa del Gesù Nuovo ha letto il consueto atto di affidamento della città alla Vergine Maria. Di seguito la preghiera integrale letta ai fedeli.

LA PREGHIERA DEL VESCOVO

Sorelle e fratelli,
ci sono degli appuntamenti che sanno di casa, che hanno il sapore del ritrovarsi in famiglia, che nonostante i toni solenni e i paramenti della festa, rimandano ad un’intimità domestica e feriale, intimità che è capacità del cuore di entrare in sintonia con gli altri, con se stessi, con quel mistero d’amore che è Dio.

E tutto questo è frutto di un’affezione antica, di uno sguardo riconoscente e affettuoso che da sempre le figlie e i figli di Napoli riservano a Maria di Nazareth, la cui festa oggi celebriamo, chiamandola con confidenza festa dell’Immacolata, tralasciando il sostantivo “concezione”, quasi come se volessimo direttamente volgere il nostro sguardo a lei piuttosto che all’evento che oggi celebriamo.

Eppure questo evento è il cuore della nostra festa, una festa che è un anticipo generoso di speranza perché ci fa gustare nel primo istante di vita di una giovane donna ciò che sarà il futuro e il fine di tutti noi: diventare immacolati nell’amore! Si, perché tutto in questa giornata ci rimanda alla concezione, al giorno del concepimento, un giorno avvolto, per Maria come per noi, da un ineffabile mistero: il mistero di un tempo ignoto e di cui non abbiamo memoria, mistero di un tempo in cui siamo stati solo e soltanto nel pensiero di Dio, un Dio che pensandoci ci ha amati e creati e che previene con il suo amore il nostro nascere alla luce di questa terra.

La buona notizia di oggi è proprio questa: dal primo istante siamo amati. E l’esistenza di ciascuno di noi si gioca tutta nella nostra capacità di “restare in quest’amore”, in questo progetto vitale e amorevole che ci connette tutti, che ci lega alla fonte dell’amore che è Dio e che ci rende gli uni appartenenti agli altri. Si, è una buona notizia sapere che ognuno di noi è stato una creatura pensata, ma è una notizia ancor più buona sapere che una di noi, una creatura, Maria, è stata pensata in un amore rivolto non solo a lei ma a tutti, un amore così traboccante da oltrepassare i confini del tempo e dello spazio fino a raggiungere l’interezza della storia umana, fino a generare l’alba di un mondo rinnovato.

Entrando da lei”. Così annota l’evangelista nel Vangelo di oggi, quasi a sottintendere che quell’entrare si riferisse non solo alla sua casa da niente, alla sua umile abitazione ma anche al suo cuore, e alla sua storia, storia di una giovane donna chiamata Miriam. Ecco, l’amore ostinato, sognatore, audace, folle di Dio raggiunge una cittadina sconosciuta e marginale in cui abita una donna sconosciuta e marginale dalla storia sconosciuta e marginale e fa del suo piccolo ventre il centro della storia, il centro di ogni storia. Questa è la grandezza del nostro Dio, un Dio appassionato della nostra felicità, un Dio amico della nostra vita, un Dio che non si arrende dinanzi alla diffidenza e alla fuga dell’uomo e lo raggiunge, fino a trovare una porta aperta, un volto accogliente, degli occhi limpidi e delle labbra delicate da cui nasce un “si” chiaro, deciso, autentico.

Siamo tutti debitori, sorelle e fratelli, a Maria del suo “si”! Ma questo debito non lo si ripaga attraverso un culto di facciata, una devozione superficiale, un continuo creare nicchie e altarini per allontanarla da noi, quasi non fosse una creatura e noi non fossimo capaci di seguire le sue orme, di percorrere i sentieri che lei ha percorso. No, il debito d’amore con Maria lo si ripaga in un solo modo: imparando a dire si. Ogni giorno. Con fiducia e senza riserve. Dire si al progetto di Dio, dire si alla sua chiamata, alla vita, che ci spinge a camminare nella luce del Vangelo, a metterci in gioco per la causa del Regno, ad essere coprotagonisti del cammino di liberazione dei piccoli e dei poveri, dando il nostro contributo al processo di umanizzazione della nostra Chiesa, della nostra città, del mondo intero. È al “si” di Maria, fratelli e sorelle, che dobbiamo guardare oggi con tutto noi stessi. Ed è quel si che oggi siamo chiamati a pronunciare, fidandoci della chiamata di Dio, della sua affidabilità. Sapendo che ogni si a Dio è un “si” all’umanità, alla causa dell’umanità, soprattutto dell’umanità ferita e bisognosa di cura.

La cura: una parola sempre meno di moda. Forse perché si tratta di un’arte certosina che richiede attenzione, costanza, dedizione. Tutte cose che domandano fatica e vigilanza. Tutte cose a cui siamo poco abituati in quest’epoca del “mordi e fuggi”, della “visualizzazione rapida”, delle emozioni superficiali. Eppure la cura è una delle prime cose che Maria ci insegna: il suo “sì non è improvvisato ma è segno della cura che ha avuto del proprio cuore, della propria anima. Cura di sé che è poi diventata cura del Frutto del suo grembo, e cura di coloro che per la grazia di quel Frutto sono stati salvati.

Se c’è una cosa che io stesso come Vescovo di questa nostra città voglio oggi chiedere a Maria per la gente di Napoli è quella di continuare a crescere nell’arte della cura. Un’arte che – spero di non essere frainteso – è tutta femminile. Ma non nel senso che è appannaggio di un solo genere. Non nel senso che va delegata alle donne. No, intendo dire esattamente il contrario. Un’arte che va appresa dalle donne, da quelle donne che con la loro tenera forza sorreggono il mondo. Da quelle donne che attraverso l’etica della cura tengono in piedi intere comunità, famiglie, relazioni, contrapponendosi alla logica – spesso maschile – di un potere possessivo e cieco, più attento ai numeri che ai volti, alle statistiche che alle storie.

Troppe volte mi capita di ascoltare discorsi da parte di uomini che invitano le donne a compiere dei passi avanti, che con le parole ne difendono i diritti e l’uguaglianza, che augurano un aumento della loro presenza nei luoghi strategici e decisionali, quelli in cui più di ogni altro occorre un’etica della cura. Ma tutto questo non basta: occorre cambiare sul serio mentalità e concretizzare il cambiamento! Non è forse ciò che anche il Papa ci sta indicando; ciò che sta indicando alla Chiesa? Non è forse ciò che tutti sentiamo come necessità dopo le tante notizie orribili attraversano le prime pagine dei giornali: notizie di violenza sulle donne, di possessività folle, di prevaricazione fisica e psicologica, di femminicidi.

Quante volte nel tempo della mia vita dedicato al servizio degli esclusi, dei tossicodipendenti e anche delle donne vittime di violenza, mi è capitato di incontrare donne che si rivolgevano alla comunità e alla Chiesa come ultima spiaggia, dopo aver incontrato tanti uomini, a volte perfino altre donne, che si erano girati dall’altra parte, immersi totalmente nell’indifferenza o nella paura. E quante volte anche qui a Napoli, oltre a celebrare i funerali di donne uccise dalla mano di chi diceva di amarle, mi è capitato di accogliere e ascoltare donne oppresse dal dolore e dalla violenza maschile. Incontrandole ho visto la paura disegnata sul loro volto. Ho visto nelle loro lacrime la fatica continua degli anni passati a difendersi, parando i colpi derivanti non solo da una violenza fisica ma da un male che annichilisce l’anima, chiudendola alla possibilità di una nuova speranza.

Sorelle e fratelli, in questo tempo in cui Napoli ha più che mai bisogno di ripartire dall’etica della cura e della cooperazione, dobbiamo interrogarci su quanto nella nostra città le donne siano difese e protette dalla violenza, valorizzate allo stesso modo degli uomini, ascoltate sul serio per quanto hanno da insegnare a tutti noi, in tutti i campi, nei luoghi del nostro vivere. Ed è importante dircelo in questo giorno, è importante indicarci vicendevolmente questo sentiero di parità, proprio nel giorno in cui celebriamo una donna, “la Donna” che con la sua fede incrollabile, con la sua donazione totale, con il suo amore generoso e fedele ha consentito alla Parola di farsi carne e venire ad abitare in mezzo a noi.

È a lei che voglio affidare quest’oggi in special modo le donne, le donne della nostra città, le donne che rendono – nonostante tutti i problemi e le fatiche – la nostra città, la nostra Napoli, una madre che desidera curare e far fiorire la vita delle sue figlie e dei suoi figli.

Maria, donna della speranza, a te affidiamo le donne che a causa della violenza e del sopruso hanno perso ogni speranza nel futuro, sentendosi tradite nell’intimo da chi un giorno aveva promesso di amarle e custodirle. Sii tu la loro consolazione, sii tu la carezza che conforta i loro visi ormai timorosi a causa di mani che non hanno offerto carezze delicate ma pugni dolenti! Ridesta in esse la fiducia nella promessa di Dio e dona loro di credere che c’è ancora possibilità di vita, di nuove primavere, di nuovi inizi perché l’amore del tuo Figlio fa davvero nuove tutte le cose e fa germogliare fiori perfino tra il grigiore dell’asfalto. Maria donna della speranza prega per loro, prega per noi!

Maria, donna del coraggio, a te affidiamo le donne della nostra città che faticano più degli uomini a trovare spazio nel mondo del lavoro. Donne costrette ad accontentarsi di stipendi che gridano vendetta: quante commesse sfruttate, quante donne impiegate nel lavoro nero – piaga della nostra città – quante giovani ragazze mandate via perché il loro grembo custodiva una nuova vita. Tu, che insieme ad altre donne seguivi il tuo Figlio, dona a queste tue figlie il coraggio necessario a non mollare, a non rassegnarsi, ad andare avanti nella lotta per la difesa dei loro diritti. Maria donna del coraggio prega per loro, prega per noi!

Maria, donna del servizio, a te affidiamo tutte quelle donne, laiche, religiose, consacrate, che nella nostra Chiesa napoletana tengono accesa e viva la lampada della fede, il faro del servizio, la luce della cura. Quanto abbiamo bisogno di imparare da loro, quanto abbiamo bisogno della loro presenza, quanto abbiamo bisogno di rinnovare con loro e grazie a loro la nostra struttura ecclesiale! Sussurra alla nostra Chiesa l’importanza del metterci in gioco fino in fondo e sul serio nel delicato e affascinante compito di restare fedeli all’immagine di Dio impressa in noi, immagine di un Dio Padre e Madre che ama rispecchiarsi nelle differenze e nella reciprocità degli uomini e delle donne, del maschile e del femminile, al punto che l’uno senza l’altro non può dirsi completo, al punto che l’uno senza l’altro non può dirsi sua immagine, al punto che un uomo senza dare uguale dignità e possibilità di realizzazione ad una donna non potrà cantare mai il magnificat senza il timore di essere rovesciato dal trono tutto maschile che si è costruito. Maria donna del servizio, prega per loro, prega per noi!

Maria, donna bellissima, a te vogliamo affidare le bambine, le adolescenti, le giovani donne di questa città. Quante volte a causa della dittatura dell’immagine e dell’apparenza si sentono non amabili, quante volte avvertono come sbagliato il loro corpo, arrivando perfino ad odiarlo, rifiutarlo, svalutarlo, svenderlo nel tentativo folle di essere accettate rispondendo a standard assurdi e menzogneri. Quante volte ragazze e giovani donne si lasciano divorare dal male oscuro dei disturbi alimentari per cercare di saziare, senza riuscirci, la fame d’amore che abita nel loro cuore. Madre del vero Amore, parla alla loro vita, indica loro la sorgente dell’amore vero, dell’amore che risolleva e mette in piedi, dell’amore che sazia il cuore! Maria donna bellissima, prega per loro, prega per noi!

Maria, madre di ogni madre, a te vogliamo affidare le madri della nostra Napoli, soprattutto quelle che soffrono, quelle che ogni giorno temono di non vedere il proprio figlio ritornare a casa perché magari feriti o uccisi dalla violenza criminale, quelle che cercano di andare controcorrente rispetto alla cultura familiare malavitosa, quelle che provano con tutte se stesse a spezzare il vincolo intergenerazionale della violenza e del malaffare, donando così ai propri figli la possibilità di una vita diversa, fatta di legalità e giustizia.

A te vogliamo affidare le madri che sono nel dolore, a causa della malattia di un figlio, della perdita del frutto del loro grembo: tu che hai conosciuto nella tua carne la sofferenza causata dalla morte della propria carne, sii al loro fianco e canta al loro cuore l’alleluia pasquale, l’annuncio della resurrezione!

A te vogliamo affidare quelle madri che con la loro attenzione e il loro sacrificio sembrano moltiplicare il pane, privandosi di tutto per mettere un po’ di pane sul tavolo di casa e nutrire i loro piccoli: per loro il reddito di cittadinanza era un aiuto necessario e ora sembrano perdere la speranza in una vita dignitosa. Ispira i legislatori e i governanti affinché sappiano riconoscere le necessità di queste madri, di queste famiglie e apri il cuore di tutti alla solidarietà e alla condivisione, affinché in questo tempo difficile nessuno resti indietro, nessuno sia privato del pane quotidiano, nessuna madre pianga perché la tavola dei suoi figli è vuota.

Maria, madre di ogni madre, prega per loro, prega per noi, prega per la tua Napoli!

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