domenica, Settembre 8, 2024
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Ipertrofia prostatica benigna, il Monaldi centro di eccellenza per la cura

Uricchio: "Le lunghe liste di attesa dovute alla mancanza di personale, non alla qualità degli interventi. E le regioni del nord vengono al sud per racimolare pazienti"

di Carmine Primavera

L’incontinenza urinaria è una condizione in cui si verifica la perdita involontaria di piccole quantità di urina. Anche se non esistono statistiche ufficiali relative all’incidenza di questa patologia, si stima che ne soffrirebbero, solo in Italia, 2,5 milioni di persone; con il 50% della popolazione anziana colpita. Questa problematica ha un impatto notevole sulla qualità di vita del paziente, soprattutto dal punto di vista socio-emotivo, in quanto chi ne soffre può arrivare a limitare i rapporti sociali e a isolarsi. Delle problematiche cliniche e farmacologiche legate a questa patologia si è discusso a Napoli in una due giorni lo scorso fine settimana in occasione del “Corso teorico-pratico sulla diagnosi e terapia dell’incontinenza urinaria” presso l’A.O.R.N. Monaldi. A copresiedere il consesso con il prof. Ferdinando Fusco c’era Francesco Uricchio, Direttore della struttura complessa di Urologia dell’Azienda Ospedaliera dei Colli.

Quando si parla di incontinenza urinaria, dottor Uricchio di che numeri parliamo in Italia?
In Italia è un numero elevatissimo di persone a soffrirne. E la nostra regione non fa eccezione. Tant’è vero che c’è un’attenzione particolare del Ministero della Salute in quanto c’è stato un incremento notevolissimo dei costi per quanto riguarda il trattamento di questo tipo di patologia. Pensiamo ai costi sociali: il pannolone, il catetere, il condom per incontinenza, sono tutte cose che noi pensiamo siano di poco conto; ma i pazienti con incontinenza devono sopportare costi elevatissimi. Nell’ultimo periodo ci stiamo molto attivando perché abbiamo la fortuna al Monaldi di avere più centri che possono collaborare verso un unico obiettivo: cioè quello del trattamento dell’incontinenza urinaria; ma soprattutto anche per quanto riguarda le patologie neurologiche. Pensiamo per esempio ad un trauma midollare. Al Monaldi siamo gli unici che con il dottor Papa riusciamo a impiantare dei neurostimolatori che, anche se non risolvono del tutto il problema, ne alleviano moltissimo le complicanze e la patologia, con conseguente miglioramento della qualità della vita del paziente.

Sono varie le cause che possono portare all’incontinenza urinaria. C’è una differenza di incidenza tra uomini e donne?
Beh, sì certo. Nell’uomo l’incontinenza urinaria oggi il più delle volte è legata o a un problema di tipo neurologico, oppure molto spesso, ultimamente, a complicanze dopo interventi. Il cancro alla prostata per esempio era considerato il killer dell’uomo fino a qualche anno fa, ora grazie alla possibilità di intervenire sia da un punto di vista chirurgico in particolare; ma anche radioterapico o chemioterapico, si può curare, si può tenere sotto controllo. Ma quando si fa un intervento chirurgico – in qualunque modo venga fatto e da chiunque venga eseguito – possono nascere un certo numero di complicazioni. Complicanze che possono nascere anche se si usa, come ormai facciamo quasi tutti, il robot, – e noi siamo stati tra l’altro i primi ad usarlo al Monaldi –  strumento che facilita il trattamento chirurgico di questa patologia. Ma che comunque non risolve del tutto la problematica delle complicanze post intervento. In questo caso la problematica è proprio l’incontinenza urinaria. Quindi nell’uomo in questo caso l’incontinenza se c’è, è una complicanza chirurgica. Nella donna invece spesso l’incontinenza è legata a un cedimento del piano perineale, il famoso cistocele (lo scivolamento della vescica all’interno della vagina, ndr), il postpartum. Insomma nella donna ci sono moltissime cause che possono provocare l’incontinenza urinaria non legata a un trattamento post chirurgico, nell’uomo invece spesso è una complicanza di tipo chirurgica.

Con l’aumento dell’aspettativa di vita, con l’innalzarsi dell’età media le problematiche legate all’incontinenza urinaria in percentuale sono aumentate?
Certo che sono aumentate. Ed è il motivo per il quale c’è grande attenzione da parte del ministero. La percentuale di persone colpite da incontinenza urinaria è aumentata perché la vita media è aumentata. Nell’uomo per esempio, l’aumento del cancro della prostata con l’età porta all’aumento in percentuale delle problematiche legate all’intervento post operatorio e quindi dell’incontinenza urinaria. Con l’aumento dell’età media nelle donne, i piani perineali – ossia le strutture che reggono la vescica, l’utero – tendono un po’ a cedere e quindi si ha un aumento in percentuale di incontinenza urinaria. In questi due giorni abbiamo infatti invitato specialisti che trattano questo tipo di incontinenza per via transvaginale, quindi senza alcun taglio all’esterno, senza alcuna cicatrice; ma anche specialisti che intervengono con l’ausilio dei robot.

La cura che dà i migliori risultati è quella farmacologica o quella chirurgica?
Noi utilizziamo il trattamento farmacologico finché abbiamo dei risultati, poi ci sono dei casi in cui questo non dà i risultati sperati o in alcuni casi è controindicato. Ad ogni modo il trattamento chirurgico ha una sua specifica indicazione così come ce l’ha il trattamento medico. Per le donne con questa problematica per esempio abbiamo fatto vedere una protesi in titanio messa a punto da un ingegnere israeliano che sta avendo un enorme successo perché non ha quasi effetti collaterali almeno ad oggi e quindi tende a sollevare, a facilitare il mantenimento della posizione della vescica. In questo caso caso la soluzione al problema è chirurgico.

Parliamo di ipertrofia prostatica benigna. Al Monaldi lei effettua un intervento particolare, in pratica un unicum o quasi nel nostro paese, che ha la mini-invasività e il recupero veloce tra le principali caratteristiche?
Noi da tre anni abbiamo importato dagli Stati Uniti – dove è stato inventato sei anni fa – un trattamento chiamato Rezum dell’adenoma prostatico – quindi parliamo di ipertrofia prostatica benigna – con l’ausilio di vapore acqueo. In pratica s’inietta vapore acqueo ad alta pressione in alcuni punti specifici della prostata creando una necrosi. Il riassorbimento di questa necrosi ovviamente fa diminuire l’adenoma, allarga l’uretra – cioè il canaletto che porta all’esterno l’urina – e il paziente urina nettamente meglio. E’ un intervento che dura pochi minuti, è fatto con una blanda sedazione – tipo quella che si utilizza per una colonscopia – ed è, ad oggi dopo sei anni che viene effettuata, quasi scevra da complicazioni. Non solo. Si può fare anche a pazienti scoagulati, a pazienti cardiopatici. Ed è un intervento che è possibile, se necessario, non solo ripeterlo; ma anche che non preclude successivi interventi fatti con altre tecniche, per esempio con il laser. Ad oggi oltre l’80% di pazienti nel mondo sono soddisfatti, ossia reputano questo intervento migliorativo della qualità della vita: per esempio rispetto alla facilità di minzione e alla diminuzione del numero di alzate notturne. L’importante però è fare un ottimo counseling, cioè parlare molto al paziente, perché ci vuole il tempo necessario a che questo vapore acqueo agisca creando la necrosi e successivo riassorbimento. Questa tecnica evita anche problematiche che più interessano gli uomini: quindi assolutamente non sono riportati casi di impotenza sessuale, mentre la mancanza di eiaculazione in un rapporto sessuale avviene solo nel 5-8% dei casi rispetto al 95% del trattamento standard con il laser.

I viaggi oltre regione che vengono fatti dalle persone che sono affette da queste problematiche, sono necessari, indispensabili viste le lunghe liste di attesa?
Noi abbiamo delle liste di attesa lunghissime anche perché i centri che si occupano di questo tipo di patologia sono molto pochi e quindi ovviamente essendo pochi, la lista di riferimento per la cura di questa patologia di conseguenza si allunga. Però c’è da dire una cosa. E’ vero che se lei va al nord viene operato prima; ma il paziente del nord viene operato con la stessa attesa che abbiamo noi al sud. Nel senso che ci sono due liste separate, una per il paziente che viene da fuori regione che ha una priorità e un’altra lista per il paziente della regione. Questo accade perché le regioni del nord hanno investito molto nel business sanità. 

Ma come riescono le regioni del nord ad ‘ingrossare’ la lista dei pazienti fuori regione?
Le strutture del nord mandano molti loro medici giù nel sud Italia per, mi dispiace dire il termine, racimolare pazienti da portare su. E’ questa la pratica che sta combattendo De Luca. Il presidente della nostra regione sostanzialmente dice, se c’è questa distinzione nord-sud, allora la sanità in Italia non è uguale per tutti. Non è pensabile che io regione del sud pago un paziente che va al nord e poi quello del nord attende nelle stesse strutture per il suo intervento. E’ chiaro che la cosa migliore è aumentare la possibilità di numero di prestazioni. Ma noi purtroppo non possiamo incrementarle perché per fare questo c’è bisogno di personale. Noi per esempio al Monaldi abbiamo una carenza di infermieri pazzesca; ma nonostante ciò, la nostra direzione ci dà una grossa mano per portare nel contempo avanti le evoluzioni tecnologiche necessarie. E così il Monaldi è ancora oggi l’unico centro che tratta la prostata con la tecnica Rezum e siamo l’unico centro che ci permette di impiantare gli stimolatori midollari per problemi di vescica neurologica e consideri che ogni neurostimolatore costa tra i 15 e i 18 mila euro. In questo caso la nostra direzione non si è mai tirata indietro, anzi tende a mettere sempre più stimolatori. Io mi ritengo fortunato a far parte di questa famiglia perché è gestita da persone che se vedono un miglioramento del benessere, un aumento della qualità della vita del paziente non controllano la spesa. Probabilmente controllano la spesa su altre cose, sugli sprechi; ma non su queste.

 

 

 

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