giovedì, Novembre 14, 2024
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“Mi sfidava a sparare” il racconto dell’omicidio Correra nell’ordinanza del Gip

Da un lato per il giudice non sussiste il pericolo di fuga, dall’altro però si riconosce il rischio dell’inquinamento delle prove, così come quello della reiterazione reati contestati.

“Mi sfidava a sparare” il racconto dell’omicidio Correra nell’ordinanza del Gip

“Tutto il gruppo di amici aveva visto l’arma, tutti erano consapevoli del gioco in atto. Arcangelo mostrava il petto e sfidava a sparare. Poi le urla”. E’ questa la versione fornita da Renato Caiafa, e contenuta nell’ordinanza con la quale il Gip di Napoli non ha convalidato il fermo del 19enne, disponendo però al tempo stesso la misura cautelare in carcere.

Secondo il giudice il ragazzo reo confesso dell’omicidio Correra, avvenuto nel capoluogo campano lo scorso 9 novembre,  avrebbe mentito in sede di interrogatorio fornendo una versione del tutto inverosimile e in contraddizione con il racconto degli altri presenti.

Le criticità della ricostruzione secondo l’ordinanza del Gip

Nello specifico a non convincere il magistrato, la ricostruzione secondo cui la pistola sarebbe stata trovata per caso. Ciò appare poco credibile visto l’orario, la scarsa illuminazione ed il fatto che l’arma di colore nero fosse poggiata su uno pneumatico della stessa tinta. Nascosta dietro la carrozzeria.

Altro elemento che smentirebbe la versione del ragazzo, la richiesta allo zio, subito dopo i fatti, di occultare la Beretta. E ancora “perché sbarazzarsi degli abiti indossati”? Dati e domande che confermerebbero la volontarietà della detenzione e del porto. In sostanza è “tutta la condotta post factum” del 19enne, si sottolinea, che contraddirebbe le sue parole.

Le motivazioni

Da un lato, quindi, per il giudice non sussiste il pericolo di fuga, dall’altro però si riconosce il rischio dell’inquinamento delle prove, così come quello della reiterazione dei crimini contestati.

Essendo in corso anche le indagini per il reato di omicidio “Caiafa – scrive il Gip – non deve poter entrare in contatto con i ragazzi che erano con lui quella sera, al fine di evitare che vengano concordate le versioni”.

Negati gli arresti domiciliari

Nel negare gli arresti domiciliari, inoltre, la toga spiega che: “Porre Caiafa in una casa troppo vicina a quella della famiglia della vittima, metterebbe in pericolo la stessa incolumità del giovane”.

 

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