Mimmo Scognamiglio, tra Napoli, Milano e le fiere in giro per il mondo, è da quarant’anni che lavora nel mondo nell’arte. Una brutale sinossi che riassume ciò che il gallerista ci ha raccontato sulla sua esperienza e sugli spazi espositivi che da anni gestisce.
“Ho iniziato quando avevo 22 anni completamente per caso. Poi ho capito che era la mia strada e oggi sono qui, pronto a festeggiare i 30 anni che la mia galleria compirà l’anno prossimo”.
DALLA GALLERIA LUCIO AMELIO AL PRIMO SPAZIO A NAPOLI, NEL 2007 L’APERTURA A MILANO
“Ho lavorato con Lucio Amelio per 10 anni, dall’85 al ’95. Ero giovanissimo, avevo appena 22 anni e frequentavo l’università, ero uno studente della facoltà di Informatica. Poi un giorno venni a conoscenza della posizione lavorativa nella galleria Amelio e decisi di provare. Mi mancavano 4 o 5 esami alla laurea ma non li ho mai dati. Mi sono innamorato dell’arte e oggi eccomi qua”.
La storia di Mimmo Scognamiglio nel mondo dell’arte inizia per caso, un’irruzione involontaria nella vita di uno studente universitario. Era il 1985 quando, a soli 22 anni, iniziava a lavorare per la galleria di Lucio Amelio, polo importantissimo che portava mostre e esposizioni di artisti molto famosi: Warhol, Keith Haring, Basquiat solo per citarne qualcuno.
Dopo un anno dalla morte di Amelio, nel 1995 Mimmo Scognamiglio apre la sua prima galleria d’arte a Napoli, in via Settembrini. Non soddisfatto a pieno dalla posizione poco strategica, Scognamiglio si avvicina al centro frequentato della città, spostando il proprio punto espositivo in via Mariano d’Ayala, in cui resta fino al 2011.
“Nel 2011 ho deciso di chiudere la galleria di Napoli per concentrarmi su quella aperta a Milano nel 2007. Ho pensato che fosse meglio dedicarsi ad uno spazio solo e ho scelto la seconda. Perché? Avevo la sensazione che Milano potesse darmi possibilità che Napoli non poteva darmi. Se devi andare a Londra, da Milano ci metti un’ora, da Napoli ce ne metti 3”.
Mimmo Scognamiglio racconta che il ruolo delle gallerie d’arte è cambiato nel corso del tempo: quando era partito a lavorare nel settore, la galleria era un punto di ritrovo. Poi l’idea della globalizzazione e le possibilità di collegamento che ci sono oggi, tra piattaforme online e mezzi digitali, hanno spostato il focus su nuove possibilità e Scognamiglio si è adattato alla necessità di dover trovare un nuovo pubblico, nuovi stimoli e incontrare nuove persone.
TRA ARTISTI AFFERMATI E GIOVANI ESORDIENTI, LA MOSTRA A MAGGIO DI JOTA
Il ruolo del gallerista è fondamentale per la visibilità di un dato artista, decidendone la possibilità e la durata espositiva. Ma con quali criteri si selezionano le mostre da esporre?
“Il mio criterio è lo stesso da trent’anni: io guardo quelle cose che mi piacciono e che mi attirano verso un artista o verso un’opera. Cerco elementi in grado di comunicarmi qualcosa e, insieme ai ragazzi e alle ragazze che lavorano con me, decidiamo quali sono più in linea con i nostri gusti”.
A maggio la galleria Mimmo Scognamiglio ospiterà una mostra di Jota, artista brasiliano 23enne, proprio per questa capacità comunicativa: “sono quadri figurativi che parlano della sua cultura e questo racconto mi piaceva, la scelta di affrontare le proprie tradizioni in modalità innovative è il tratto che ci ha convinto”.
Il 23enne brasiliano non è il primo giovane artista che la galleria ospita, Lucio Perone, Maddalena Ambrosio e Luigi de Simone ne sono un validissimo esempio.
“Abbiamo sempre lavorato con i giovani. L’idea è quella di creare un equilibrio tra gli artisti riconosciuti a livello internazionale e altri esordienti o comunque operanti da poco in questo mondo”.
“L’ARTE È DI TUTTI. INTELLIGENZA ARTIFICIALE? CI SONO COSE CHE NON TOCCHERÀ”
“L’arte è di e per tutti, quella vissuta, per strada o nelle gallerie, non è elitaria. Poi chiaro che se si tratta di dover acquistare un’opera, il discorso cambia per ragioni soprattutto economiche, ma la fruizione dell’arte non esclude nessuno”.
Ma a Milano, per godere davvero di arte contemporanea, si può fare affidamento su un polo specifico?
“Nel 2010 io mi spostai in quello che oggi potremmo definire polo, ed è Via Ventura, nel quartiere Lambrate. Lì c’erano altre gallerie che contribuivano a creare questo ambiente, come Massimo De Carlo, Francesca Minini, la Prometeo Gallery… Poi io mi sono trasferito perché ho rivissuto la stessa cosa di Via Settembrini a Napoli: il polo o lo crei al centro della città o le persone non arrivano in una zona così periferica. Per arrivare a Lambrate devi avere almeno 3 ore a disposizione: un’ora per arrivarci, una per guardare le mostre e un’altra per andar via. Noi in Italia non siamo abituati a questo”.
In effetti i tempi sono cambiati e anche la fruizione dell’arte sembra doversi adattare a nuove pratiche.
“L’intelligenza artificiale non ho ancora ben capito per cosa possiamo utilizzarla. Sì, ci sono delle piattaforme online tramite cui puoi vedere mostre, gallerie, opere… ma è la stessa cosa? Secondo me ci sono delle cose a cui l’IA non può arrivare”.
“MI MANCA NAPOLI MA LA MIA ATTIVITÀ RESTA A MILANO”
Tra le ultime cose, abbiamo chiesto a Mimmo Scognamiglio se esistono delle mostre, ospitate nelle sue gallerie, a cui è particolarmente affezionato e la risposta trasuda radici e nuovi inizi: “Credo che un ruolo importante lo detengano due mostre: la prima è quella con cui ho aperto la galleria, di un artista che si chiama Franco Rasma; la seconda l’ho fatta a Napoli nel 2002 ed è la prima mostra di Antony Gormley, la ricordo in modo molto positivo”.
Ma quanto resta di Napoli in un uomo d’arte che ha scelto per la sua carriera una città così diversa com’è Milano?
“Negli ultimi tempi penso mi piacerebbe tornare a vivere sul mare ma, poiché la mia attività resta a Milano, sarebbe davvero difficile. Napoli mi manca, quando torno giù ritrovo quegli stimoli che mi hanno fatto iniziare. Mi viene malinconia”.
Il suo motto? “Si può fare sempre qualsiasi cosa, anche all’ultimo momento” … e più napoletano di così!