I morti sul lavoro nel 2022 sono stati complessivamente almeno 1.484 equivalenti a 28 a settimana e 4 al giorno di media: è il dato che emerge, “per difetto”, in una elaborazione del Centro Studi della Cub in base a dati Inail e Osservatorio nazionale morti sul lavoro sia di Bologna che di Mestre.
I deceduti direttamente sul luogo di lavoro sono 665, mentre sono 819 quelli che hanno perso la vita in viaggio (dovuto alla professione, per esempio gli autotrasportatori) o andando o tornando dal luogo di impiego.
Le categorie maggiormente falcidiate sono l’agricoltura, l’autotrasporto e l’edilizia che superano insieme la metà degli infortuni mortali. Il dato sugli stranieri morti – 95 – è equivalente a quasi il 6,6% del totale: fra loro “molti lavoravano in maniera irregolare o in nero”.
Maglia nera è la Lombardia (225 morti), seguita da Veneto (135), Campania (125), Emilia-Romagna (112), Piemonte (110), Lazio (110), Sicilia (102), Marche (71), Toscana (71), Calabria (69), Trentino Alto Adige (65), Puglia (64), Sardegna (55), Abruzzo (48), Umbria (34), Liguria (31), Friuli Venezia Giulia (22), Basilicata (21) e, infine Valle d’Aosta (7) e Molise (7).
“E’ una vera e propria emergenza nazionale che deve essere affrontata dal Governo – sottolinea il segretario nazionale della Cub, Walter Montagnoli – dovuta, tra l’altro, alla diffusa precarietà, alla forte carenza di controlli, ai subappalti e ai processi produttivi che hanno il profitto come unico parametro.
Questa strage quotidiana richiede l’introduzione del reato di ‘omicidio sul lavoro’ per provare ad arginare un fenomeno non degno di un Paese civile”.