Ha assicurato di aver insegnato alla squadra tre moduli diversi, ma adesso gliene serve un quarto per evitare di affondare. Walter Mazzarri dalla panchina vede un altro Napoli-Geona al punto che riesce ad essere felice per il 70% del possesso palla e non analizza quella che poteva essere la sesta sconfitta in 12 partite, se non fosse stato per il guizzo di Ngonge. Il Napoli è inguardabile, lento, piatto, gira il pallone in orizzontale davanti alla difesa schierata del Genoa che ringrazia. Se Mazzarri ha davvero studiato il 4-3-3 di Spalletti lo ha fatto poco e male. L’alta intensità di quella squadra è ormai solo un vago ricordo, così come la capacità di verticalizzare, dominare l’avversario ed essere feroce in ogni zona del campo. Contro il Genoa dalla panchina arriva solo confusione. Come il cambio tra Ostigard (ammonito) e Natan, che propizia il gol di Frendrup, con il brasiliano che vaga senza meta nell’area e nessuno che va a pressare il giocatore del Genoa.
ARIA DI ESONERO
Al termine della partita c’è aria di esonero. Ma Mazzarri è sempre il solito imbonitore, l’uomo dalle mille scuse paradossali, forse egli stesso un paradosso. E allora pontifica e assicura che la squadra è con lui anche quando gli si chiede se ha mai pensato di dimettersi. D’altra parte è consapevole che alla vigilia del match con il Barcellona è complicato immaginare di cambiare la guida tecnica. Condannando così la squadra e il club a una sconfitta ed eliminazione sicura. De Laurentiis ha chiamato a raccolta i suoi consiglieri, da Jannotti Pecci a Giancarlo Carriereo, tutti riuniti al Britannique per capire in che direzione andare. All’orizzonte si materializza l’idea Giampaolo, un allenatore che nell’ultima esperienza a Genova con la Sampdoria ha inanellato una serie di record negativi per il club.