domenica, Dicembre 22, 2024
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Omicidio Giogiò, il papà di Genny Cesarano: “Napoli non sta cambiando”

Alla messa nella Basilica della Sanità anche il sindaco Manfredi e don Tonino Palmese

Nel giorno del dolore e della commozione, della città che si unisce ai genitori di Giovanbattista Cutolo, ucciso per un banale litigio, si ricorda un’altra vittima innocente. Otto anni fa, nella piazzetta della Sanità, fu ucciso Genny Cesarano, all’epoca aveva solo 17 anni.

Nella Basilica di Santa Maria alla Sanità il papà, Antonio Cesarano, mostra il rinnovato dolore per quello che è accaduto in piazza Municipio qualche giorno fa: “Napoli purtroppo non sta cambiando. Ma so che oggi tutti dobbiamo fare più ancora la nostra”, dice Antonio Cesarano, il padre del ragazzo.

“Io non sono d’accordo – prosegue – sulle leggi pesanti, chiedo invece per i giovani di Napoli che ci siano assistenti sociali, chiedo più interventi a livello di scuole aperte, di maestri di strada, affinché si possa tutti insieme capovolgere questa cultura della violenza”.

MANFREDI E MORCONE RICORDANO DI GENNY CESARANO

Anche il Sindaco, Gaetano Manfredi, che ha partecipato al funerale di Giovanbattista Cutolo, si è unito ai familiari di Genny Cesarano nel giorno del ricordo: “Sicuramente oggi non possiamo distinguere le tante vittime che abbiamo avuto in questi anni a Napoli. Vittime della violenza e della camorra”, ha detto il primo cittadino.

L’assessore alla Legalità, Mario Morcone, evidenzia che “il momento che attraversa Napoli, nel giorno del funerale di Giogiò Cutolo e nel ricordo di Genny Cesarano, ucciso otto anni fa è molto amaro”.

DON TONINO PALMESE: “RESISTERE ALLA CATTIVERIA”

Alla celebrazione ha partecipato anche don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis, che commenta una Napoli non cambiata su certi aspetti “in maniera drammatica e triste, perché in questa seconda parte della giornata ricordiamo altri bambini e adolescenti ammazzati dalla mano criminale, dalla violenza. Questo è un dato aberrante ma l’altro dato che invece mi dà la speranza e la consolazione è che la memoria celebrata e condivisa da questi genitori è diventato un metodo per resistere alla cattiveria di questa città.

Una risposta che non significa semplicemente ‘non scappiamo’ o ‘non ci rassegniamo’, ma è una risposta di metodo che vede i genitori di questi ragazzi lavorare su questo tema con la loro capacità di fare memoria, chi nelle scuole, chi in un quartiere come la Sanità, chi a Forcella. Forse noi oggi cerchiamo dalla politica la risposta, invece dovremmo dire alla politica di guardare questi esempi per mettere a sistema il loro lavoro e far diventare legge quello su cui lavorano”.

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