venerdì, Gennaio 3, 2025
HomefoodI roccocò, dal 1320 al "non è una ciambella"

I roccocò, dal 1320 al “non è una ciambella”

Un dolce tipicamente napoletano preparato e gustato durante il periodo natalizio, affonda le sue origini nel 1320

Quando torni a Milano mi porti uno di quei biscotti con il buco?“.

Era un amico, e intendeva un roccocò. Non avevo mai posto troppa attenzione sulla specificità che possiedono questi dolci finché, dopo esser andata via da Napoli, chiunque me lo fa notare (anche non volutamente).

Ma come non conosci il roccocò?” e, dopo tutte le risposte negative, ho iniziato a formulare le spiegazioni più varie e fantasiose per descrivere questo dolce così particolare.

Ma che storia ha, effettivamente, il roccocò?

Sembra ciambella ma è dura, no non lo definirei propriamente biscotto

Siamo nel 1320 ed è qui che risalgono le origini della ricetta. Proprio in quest’anno le monache del Real Convento della Maddalena di Napoli preparano i roccocò per la prima volta.

Un impasto fatto di mandorle, farina, zucchero, canditi e pisto napoletano poi cotto in forno. Il risultato è un dolce, più o meno duro, dalla forma tonda e bucata al centro.

Proprio per via del suo aspetto tondeggiante e barocco, il dolce prende il nome dal termine francese “rocaille” con cui si intendono decorazioni composte da curve, controcurve e ondulazioni, diffuse nell’ambito degli stili tardo barocco e rococò.

Composizione e ingredienti

Senza dosi o proporzioni, gli ingredienti che compongono i roccocò sono farina, zucchero, mandorle tostate, buccia di arancia, uovo (per spennellare), miele, ammoniaca per dolci, sale, acqua e pisto.

Il pisto, per i meno avvezzi, è un insieme di spezie tipico della tradizione culinaria napoletana utilizzato nella preparazione di molti dolci della Campania, soprattutto natalizi.

Le spezie con cui si crea, pestate in un mortaio, sono cannella, pepe, noce moscata, chiodi di garofano, anice stellato e semi di coriandolo.

Quando si mangiano i roccocò?

Fosse per noi, anche tutto l’anno ma, seguendo la tradizione campana, i roccocò si mangiano l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, e durante tutto il periodo natalizio che segue.

A Natale l’ordine d’uscita dopo le portate è: ciociole (di cui di seguito), pandoro e panettone, e poi roccocò e mostaccioli (di cui di seguito).

Non solo roccocò

Prima di vederli sulla tavola, si consumano le ciociole natalizie (come si immagina, generalmente il 24 e il 25 dicembre): nocciole, noci, mandorle, fichi secchi e chi più ne ha più ne metta raccolte unitamente in un cesto dotato di schiaccianoci.

Ma non basta, sul vassoio dorato di cartone avvolto da carta di pasticceria non ci sono solo i roccocò ma, assieme ad essi, i mostaccioli.

In napoletano i “mostaccioli” (o “mustaccioli“) sono dei biscotti morbidi a forma di rombo ricoperti di cioccolato. Anche qui il pisto è protagonista per conferire sapore e l’impasto è più semplice.

L’origine di questo dolce risalirebbe all’Antica Roma: in latino “mustaceum” vuol dire mosto e fu Catone, per primo, a menzionarli nell’opera “De Agricoltura”, parlando di una focaccia dolce preparata con il mosto d’uva cotto su foglie di lauro.

Pisto e famiglia

Un dolce solo nostro, sconosciuto oltre i confini partenopei, che sa di pisto e casa, mandorle e famiglia. E comunque, è proprio vero: capisci il valore delle cose solo quando ti allontani (“le perdi” era eccessivo, Napoli non si perde).

Skip to content