Vuole la verità, la famiglia Noschese. A due settimane dalla morte a Ibiza di Michele, in arte dj Godzi, sarà la procura di Roma a dover chiarire le cause sulla fine del trentacinquenne napoletano morto durante l’arresto da parte della Guardia Civil, il 19 luglio scorso, in un complesso residenziale sull’isola di Ibiza. La salma, liberata dalle autorità spagnole, è rientrata a Roma e la procura capitolina (competente ad indagare sui fatti che riguardano i cittadini italiani all’estero) l’ha sequestrata nell’ambito di un’inchiesta, ancora contro ignoti, in cui si ipotizza il reato di omicidio preterintenzionale.
Michele Noschese, come ipotizzano amici e familiari, è morto in seguito alle percosse delle forze dell’ordine, o a causa dell’abuso di droghe come ritengono gli inquirenti spagnoli?
All’autopsia non ha potuto partecipare un consulente della famiglia Noschese ed è anche per questo che il padre del dj, Pino, medico molto conosciuto a Napoli, ritenendo incompleto l’esame ha ottenuto dalle autorità spagnole l’autorizzazione a svolgere Tac e risonanza total body. I risultati ufficiali ancora non si conoscono, ma secondo quanto trapelato finora sarebbero emerse costole e clavicole rotte. La procura di Roma vuole fare luce sulla vicenda, svolgendo ulteriori esami e sentendo persone informate sui fatti, a partire proprio dal padre, Pino Noschese, già ascoltato per rogatoria dalla polizia di Napoli.