venerdì, Novembre 15, 2024
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Truffa Covid, la Finanza sequestra conti e beni di lusso a San Marino

Definita la posizione di 53 indagati. Bloccati 2,6 milioni di euro sui conti correnti

Operazione free credit, la Finanza sequestra conti e beni di lusso a San Marino. Definita la posizione di 53 indagati. Bloccata liquidità per oltre 2,6 milioni di euro. A meno di un anno dalla scoperta della maxi frode da 440 milioni di euro sui bonus Covid, c’è una svolta. La Procura della Repubblica di Rimini ha emesso l’avviso di conclusione indagini nei confronti di 43 indagati con la richiesta di giudizio immediato per altri 10. Sono tutti considerati tra i maggiori responsabili della truffa, a conferma della solidità del quadro indiziario raccolto dalle Fiamme Gialle riminesi.

TRUFFA COVID, BLOCCATI 2,6 MILIONI DI EURO

Nuovi sequestri per altri 2,6 milioni di euro, che vanno ad aggiungersi al 97%
dell’ammontare della frode già recuperato. Tra i beni oggetto di sequestro figurano disponibilità finanziarie presso istituti bancari sammarinesi, un’abitazione di pregio ubicata in prossimità delle principali attrazioni storiche di Rimini e altre 3 unità immobiliari, oltre a gioielli, Rolex e borse Louis Vuitton acquistati con i soldi della frode milionaria e nascosti in
buona parte all’interno di alcune cassette di sicurezza nella disponibilità degli indagati, dislocate tra le province di Rimini, Roma, Brescia e Reggio Emilia.

IL RICORSO AI PRESTANOME

Il sistematico ricorso a prestanome e vari passaggi societari non ha impedito la ricostruzione delle molteplici movimentazioni di denaro e cessioni di immobili realizzate dagli indagati, che avevano pensato di spogliarsi “sulla carta” di parte del patrimonio provento dei reati commessi cedendolo fittiziamente a familiari e a soggetti
compiacenti, pur mantenendone di fatto la titolarità.
Ad attirare l’attenzione delle Fiamme Gialle riminesi è stato, in particolare, lo stratagemma contabile ideato da uno degli indagati che, per timore di vedere sequestrato parte del suo patrimonio, aveva ceduto fittiziamente, secondo l’ipotesi investigativa, la proprietà di un suo immobile in un’azienda intestata ad un prestanome, simulando un conferimento per aumento di capitale sociale.

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