C’era una folla di persone assiepate al varco laterale della Questura di Napoli, questa mattina. Aspettavano l’uscita delle volanti della polizia con a bordo i loro familiari arrestati all’alba per l’omicidio del 29enne Domenico Gargiulo, trovato nel bagagliaio di un’auto, rubata, in un parco del rione don Guanella a Scampia, l’8 settembre del 2019. Otto le persone finite in manette per effetto di altrettante misure cautelari, emesse dal gip su richiesta della Dda napoletana ed eseguite dalla squadra mobile, al termine di un’indagine che ha ricostruito le dinamiche camorristiche che determinarono l’assassinio di Gargiulo. Già noto alle cronache cittadine prima di essere ucciso nel 2019, era scampato a due precedenti agguati di camorra, in uno dei quali perse la vita nel 2013 l’innocente, Lino Romano. L’operaio venne scambiato dai sicari per il vero obiettivo del raid (Gargiulo), all’epoca legato prima da una parte e poi dall’altra ai clan che diedero vita alla seconda faida di Scampia tra il 2012 e il 2013. La nomenclatura criminale è più o meno la stessa della guerra tra i Di Lauro e gli scissionisti del 2004. Secondo gli inquirenti, la morte di Gargiulo venne infatti decisa dai vertici dei clan Licciardi e Sautto-Ciccarelli, organizzazioni criminali legate agli Abbinante e all’Alleanza di Secondigliano. Prima sodale degli Abbinante del rione Monterosa, poi dei Marino delle case celesti. Gli otto che secondo gli inquirenti hanno pianificato la sua morte sono accusati di associazione mafiosa, omicidio, occultamento di cadavere, traffico e spaccio di stupefacenti, estorsione e riciclaggio.