L’ex-manager bancario Vincenzo Imperatore (ora consulente contro gli abusi delle banche) e l’ex-galeotto Peppe De Vincentis (ora attore e drammaturgo) tra soldi, imbrogli e scrittura catartica.
La perdizione, prima, la redenzione, poi, in due libri-verità, due spettacoli teatrali e, ora, in un film documentario, ‘LA CONVERSIONE’, soggetto e regia di Giovanni Meola.
Dopo il Premio del Pubblico quale Miglior Documentario alla XIX edizione del RIFF – Rome Independent Film Festival, nella categoria ‘National Documentary Competition’, il film è ora nella selezione ufficiale della XVI edizione del Los Angeles Italia Film Festival, che avrà luogo dal 18 al 24 Aprile, nella categoria ‘Docu Is Beautiful’.
Peppe era scassinatore, maestro di rapine e contrabbandiere: 30 anni di galera vissuta.
Vincenzo era dirigente bancario, poi prima gola profonda del sistema finanziario italiano.
Dopo decenni di imbrogli, illeciti di varia natura, reati e accumuli di danaro più o meno legale, Peppe e Vincenzo si incontrano grazie alla macchina da presa di Giovanni Meola.
Nel 2013, Peppe scrive l’autobiografia Il Campo del Male (ed. Pironti), nella quale passa dai ricordi dell’adolescenza al battesimo criminale, alla detenzione in una dozzina di carceri (Poggioreale, Sulmona, Brescia, Rebibbia, Secondigliano, Reggio Emilia … inclusi due ex-OPG), tra confessione drammatica, sete di cocaina e ironia.
Nel 2014, Vincenzo pubblica il saggio-memoriale rivelazione Io So e Ho le Prove (ed. Chiarelettere), caso editoriale con decine di migliaia di copie vendute, squarciando il velo su 23 anni spesi al servizio della banca più importante del Paese. Con i suoi libri da anni denuncia irregolarità e pratiche illecite del sistema bancario nazionale ed internazionale.
Nel documentario ‘LA CONVERSIONE’ i due, nel conoscersi e nello scambiarsi domande e racconti delle loro vite, scoprono il modo di accedere ad una loro personale rinascita.
Tra universo sub-proletario e apparati borghesi, penitenze e ricordi, il racconto-documentario del regista/drammaturgo/attore napoletano Giovanni Meola si dipana su più livelli, alternando impianto biopic, inchiesta e formula teatrale.
Peppe, originario dei Quartieri Spagnoli, poi sfrattato in una baraccopoli del quartiere Fuorigrotta, aveva già scontato diversi anni di cella nell’ex-Carcere minorile Filangieri, oggi centro culturale-sociale occupato, ribattezzato Scugnizzo Liberato, prima di cominciare la sua vera carriera di rapinatore, e nel film si abbandona con purezza e crudele sincerità al racconto di se stesso e dei suoi anni bui.
Vincenzo, primo laureato della sua famiglia, affamato e voglioso di una scalata sociale perché proveniente dalla più che popolare zona di San Giovanniello, diventa capo-area di un’importante struttura bancaria, per poi perdersi fra etica negata, bonus, sistema Q48 e bugie, rievocando procedure e indottrinamenti matematico para-malavitosi, fino ad ammettere un patologico desiderio di competizione e supremazia.
I due uomini da totali estranei finiscono per sentirsi compagni di strada e di personale riscatto, scoprendosi accomunati, all’inizio del loro percorso di vita, dal desiderio di trovare il loro proprio ascensore sociale.
Di qualunque natura: spietato, pericoloso, imprevedibile.
Le musiche originali (fisarmonica e voce) di Daniela Esposito evocano malinconia e rimpianto, ma anche volontà di confronto e di cambiamento dei due protagonisti. Senza finzioni e senza rancori. “Sottrarre e ingannare – sostiene il regista Meola – sono state, a lungo, le attività principali delle loro vite. Entrambi, a un certo punto, però, hanno detto basta. Ed entrambi hanno cominciato, fatalmente, a scrivere e a svelare quello che erano stati, quello che avevano fatto e i segreti dei mondi dai quali provengono. Una cena tra loro due, curiosi di conoscersi tra domande e risposte senza remore, è di fatto la spina dorsale del mio racconto. Ciò ha rafforzato la mia intuizione iniziale, cioè che sarebbe stato assai interessante provare a raccontare le storie di Vincenzo e di Peppe in parallelo. Due facce di una Napoli matrigna e da sempre piena di insidie”.
“Non dire bugie ma non dire tutto”.
Giovanni Meola
Sceneggiatore e regista di cortometraggi e documentari lungometraggio. Ha diretto Massimo Dapporto ne Il Sospetto, Giulio Scarpati in Una Breve Vacanza e Mariangela D’Abbraccio in Andata al Calvario. Ha realizzato il corto in animazione The Flying Hands ed è stato protagonista di puntata dell’episodio Pane per la seconda stagione della serie tv I bastardi di Pizzofalcone, regia di Alessandro D’Alatri. Ha vinto il concorso per sceneggiature inedite Pescara Corto Script. È drammaturgo e regista teatrale nonché direttore artistico della compagnia Virus Teatrali. Formatore e docente in scuole e laboratori di teatro. Nel 2017 esce il primo volume del suo Teatro (ed. Homo Scrivens) e nel 2019 ottiene la prestigiosa Honorary Fellowship dallo IAB – Institute of the Arts of Barcelona. Ideatore di format e rassegne: tra i tanti, I Racconti che ci Raccontano, Teatro alla Deriva e Teatro Deconfiscato. Ha scritto-adattato-diretto numerosi spettacoli: fra questi, Io so e ho le prove, liberamente tratto proprio dal caso editoriale di Vincenzo Imperatore, di cui è anche interprete principale; Tre. Le sorelle Prozorov dal dramma di Anton Cechov; Il bambino con la bicicletta rossa; Il giorno della laurea. Tra i premi nazionali ricevuti per l’attività di palcoscenico va segnalato il Premio Enriquez nel 2008. Collabora con il quotidiano Il Mattino di Napoli in qualità di editorialista. Nel 2021 ha in uscita un secondo documentario lungometraggio, ‘Art. 27, comma 3’.