sabato, Maggio 24, 2025
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Pompei, la casa di Elle e Frisso e la porta sbarrata per salvarsi

Sono stati pubblicati oggi, sull’E-Journal degli scavi di Pompei, approfondimenti scientifici circa la casa di Elle e Frisso lungo la via del Vesuvio

Quando si abita lontani da casa, si ha la percezione che le proprie origini risuonino più forti di quanto effettivamente facciano. Un passato intriso di storia e mistero che si dispiega con ancor più meraviglia quando, per esempio, lo scavo della casa di Elle e Frisso, a Pompei, mostra una scena fatta di tentativi di salvezza.

La casa di Elle e Frisso: ritrovamenti di vite interrotte

Sono stati pubblicati oggi, sull’E-Journal degli scavi di Pompei, approfondimenti scientifici circa la casa di Elle e Frisso lungo la via del Vesuvio. Dal nome del quadro mitologico rinvenuto in uno degli ambienti, l’abitazione è ubicata vicino alla Casa di Leda e il cigno, già documentata nel 2018.

Il letto di traverso per sbarrare la porta della camera, i resti di oggetti quotidiani, tutti segnali di vita interrotti dall’eruzione in corso.

L’operazione è stata svolta nell’ambito dell’intervento “Restauro, Scavo e Valorizzazione della Casa di Leda”, finanziato dalla programmazione ordinaria del Parco Archeologico di Pompei.

Le ossa umane nel triclinio e i lapilli raccontati da Plinio il Giovane

I principali ambienti portati in luce sono l’atrio con impluvium (vasca di raccolta delle acque), una camera da letto (cubiculum), una sala da banchetto (triclinium) e un vano con una tettoia e un’apertura al centro per il passaggio dell’acqua piovana.

Non solo, nel corso dello scavo sono emersi anche i resti di quattro persone, tra i quali un bambino. A lui si collega la bulla in bronzo ritrovata, un amuleto che veniva fatto indossare ai figli maschi fino al raggiungimento dell’età adulta.

Tra le pagine dello scavo si legge che sarebbe stata proprio l’apertura per l’acqua piovana, di cui sopra, ad aver favorito l’ingresso dei lapilli in casa. Le vittime dell’eruzione cercarono di salvarsi mettendosi al riparo in un altro ambiente sbarrato da un letto. Il rinvenimento delle ossa umane nel triclinio, infatti, suggerisce che le persone si siano allontanate mosse dalla paura di rimanere incastrati dagli strati sempre più alti dei lapilli, di cui parla anche Plinio il Giovane nella sua descrizione dell’eruzione.

Il mito di Elle e Frisso

La casa, come si scriveva, era riccamente decorata. In particolare, spicca il quadro mitologico che raffigura Frisso in sella al Crisomallo e la sorella Elle poco prima dell’annegamento.

Infatti, il mito racconta che Elle e Frisso si salvarono dalla persecuzione di Ino volando in groppa ad un montone dal vello d’oro, ma, durante il tragitto, Elle cadde in mare che così prese il nome di Ellesponto.

L’affresco raffigura il tragico momento della morte della fanciulla mentre tende la mano al fratello in cerca di aiuto.

I recenti scavi nella casa di Elle e Frisso ci hanno messo davanti a una sequenza di episodi devastanti, una stratigrafia di disastri che si susseguono e le cui tracce si leggono nel sottosuolo pompeiano” così recitano alcune pagine dell’E-journal di cui sopra.

Tra i resti di ossa umane e il respiro di vite bruscamente interrotte, sono stati ritrovati anche alcuni oggetti che riescono ad accorciare le distanze tra loro e noi, tra prima e dopo, tra passato e presente (e perché no, forse anche futuro). Nella meraviglia emerge un vaso a paniere, una brocca e una coppa a conchiglia.

La nostra permanenza: precaria e alle dipendenze di Madre Natura

La casa di Elle e Frisso, con il dramma delle ossa bambine, accorcia la distanza. Ci dice che la nostra permanenza su questa terra dipende in ultima istanza da quella Natura che è Madre di tutti noi.

Scavare a Pompei e visitarla vuol dire confrontarsi con la bellezza dell’arte ma anche con la precarietà della vita di tutti noi”. Queste le parole del direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel.

In questa piccola casa meravigliosamente decorata abbiamo trovato le tracce degli abitanti che hanno cercato di salvarsi, bloccando l’ingresso di un piccolo ambiente con un letto di cui abbiamo realizzato il calco. Questo perché dall’apertura del tetto dell’atrio entravano i lapilli, le pietre vulcaniche che rischiavano di invadere lo spazio. Non ce l’hanno fatta, alla fine è arrivata la corrente piroclastica, un violento flusso di cenere caldissima che ha riempito qui, come altrove, ogni ambiente, le scosse sismiche avevano già prima fatto crollare molti edifici. Un inferno che colpì questa città il 24 agosto 79 d.C., di cui ancora oggi troviamo le tracce” conclude Zuchtriegel.

 

Immagine in evidenza dal Parco Archeologico di Pompei

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