martedì, Dicembre 3, 2024
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“Saprò dire il tuo nome”, 30 poesie e una ricerca per Massimiliano Coccia

"Di poeti simili ne ha bisogno il nostro panorama, di voci libere, sincere", scrive nella prefazione Daniele Mencarelli

Trenta poesie e una ricerca, come recita il sottotitolo del libro, rappresentano la scelta inusuale di Massimiliano Coccia di raccontare luoghi, emozioni, quasi fermandole nel tempo e nello spazio. Con “Saprò dire il tuo nome” Coccia, giornalista de Linkiesta basato a Bruxelles e già autore di “Amen”, ha scelto di cambiare totalmente genere addentrandosi con i suoi versi, in una Roma spesso estiva e torrida, che ha fatto spesso da scenografia in passato al suo lavoro di cronista giudiziario.
È la Roma degli spacciatori, dei criminali, delle antichità rimaste come vestigia di un passato che non tornerà. Non c’è una ricerca di consolazione o innamoramento per il disagio semmai la presa d’atto di una non comunicabilità ormai irreversibile. Per l’autore la poesia sembra rivestire la stessa funzione che ebbe per Carlo Emilio Gadda di “plasma germinativo” come primo sguardo sulle cose da raccontare. “Ci stringiamo/ tra ossa rotte/ dentro un buio d’ottobre dentro una domenica/ di pace/ di un sole giovane/ in cui mi parli/ in cui mi ascolti in cui capiamo/ l’inganno raccontato/che per essere amore/si deve solo patire”, scrive Coccia in una delle sue poesie. La scelta del teatro di posa di questi versi è il Verano, il cimitero dei romani, “i vivi e i morti” sembrano dialogare tra queste pagine in cui l’amore arriva come un’amnistia.
Se infatti per i poeti degli anni ’90 il sentimento è un orpello problematico per Coccia è un approdo, riprendendo così un tema poetico utilizzato da Primo Levi e poi dismesso nel corso dei decenni. “Di poeti simili ne ha bisogno il nostro panorama, di voci libere, sincere”, scrive nella prefazione Daniele Mencarelli.

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