martedì, Maggio 21, 2024
HomeSenti chi parlaAnna Socci, le fotografie tra Amalfi e Milano: "La Costiera mi ha...

Anna Socci, le fotografie tra Amalfi e Milano: “La Costiera mi ha insegnato a vedere i colori”

Ora 28enne, ha iniziato a fotografare all'età di 13 anni grazie ad una pubblicità vista in televisione

Anna Socci è una giovane fotografa proveniente dalla Costiera Amalfitana che, nel corso della sua vita, ha fatto i conti con un radicale cambio di vita, trasferendosi nella città di Milano.

Ora ha 28 anni, è mora e mediterranea, ne aveva 13 quando per la prima volta si rese conto di quanto la fotografia catturasse la sua attenzione.

Durante l’intervista, la giovane fotografa ci ha raccontato dell’inizio di tutto e di come è riuscita a conciliare i tramonti amalfitani con i grattacieli milanesi.

INIZIA TUTTO CON UNA PUBBLICITÀ IN TV  

“La mia passione per la fotografia è iniziata quindici anni fa. Ero appena 13enne quando vidi una pubblicità in televisione: rapì completamente la mia attenzione dal punto di vista della manipolazione dell’immagine. Ero a casa mia e pensai che anche io volevo stravolgere tutto in quel modo”.

Anna, nel ricordare la versione adolescente di sé, spiega che quindici anni fa, non essendoci gli strumenti digitali che ci sono oggi, era strano parlare di manipolazione dell’immagine. Lei possedeva un computer HP di una versione per nulla aggiornata ai tempi, tramite il quale, però, si scattava delle fotografie ed estrapolava il suo volto attraverso un programma di fotoritocco “che si chiamava Gimp 2.0, ora abbiamo superato la versione 12 credo”.

Lei scontornava il suo volto e lo incollava “su immagine prese da internet che si riallacciassero a quello che per me era esteticamente bello: un’acrobata, una persona riflessa in uno specchio, una donna forzuta, ecc. E cominciai a pubblicare i miei prodotti su Facebook, all’epoca l’unico social che si utilizzava. Da lì, una persona mi disse ‘hai occhio, predisposizione nella composizione’ e si offrì di prestarmi la sua macchina fotografica per farm sfogare es esercitare”.

“LA COSTIERA AMALFITANA MI HA INSEGNATO A VEDERE I COLORI, MILANO MI HA CAMBIATA” 

“Io sono nata e cresciuta in costiera e, essendo un posto bellissimo, sono sempre stata circondata da una bellezza naturalistica immensa, penso ai paesaggi, alle albe, ai tramonti… Ecco, da qui ho imparato che la realtà è ogni volta diversa, che un tramonto non è mai uguale ad un altro”.

Anna è saldamente convinta che il luogo da cui proviene le ha dato modo di allenare il suo occhio e renderlo sensibile alle connessioni con l’esterno, che la costiera amalfitana l’ha aiutata a riconoscere la bellezza e a volerla trasmettere attraverso la fotografia.

Ora, però, lei vive in una città completamente diversa, quale Milano, che seppur altrettanto bella, è caratterizzata da un’impronta urbanistica di certo maggiore di quella presente a Napoli. È stato spontaneo chiederle, quindi, come questo aspetto si conciliasse con la natura amalfitana.

“Sai, da quando ho messo piede a Milano non ho più avuto lo stesso approccio artistico alla fotografia. Mi sono ritrovata nella grande metropoli con una macchina fotografica in mano a ripetermi ‘devi fotografare’. Ma non riuscivo, non avevo più uno stimolo artistico”.

Anna arriva a Milano in un momento di forte cambiamento perché ha coinciso con l’iscrizione all’Università IULM di Milano, luogo da cui ha ritrovato l’ispirazione.

“Per un esame che ho dovuto sostenere, ho scattato una fotografia al Duomo di Milano che è poi diventata la copertina di “Raccontare Milano. Arte, architettura, media e mercato” (SilvanaEditoriale). Quello è stato l’unico momento in cui sono riuscita a dire che la fotografia era ancora dentro i me”.

DA UNA POESIA DI PASCOLI AL MOMENTO DI MASSIMA ESPRESSIONE ARTISTICA 

“Quando ho iniziato avevo bisogno di esprimermi. Era un bellissimo periodo della mia vita, perché ero piena di creatività. Un giorno leggemmo ‘Temporale’, la poesia di Pascoli, e notai che si intrecciava perfettamente con una mia foto. Andai dalla mia amica Emiliana per dirle: Emi guarda, parlano tra loro”.

Anna ci racconta che poi, allo scoccare della fine dell’adolescenza, iniziò un momento di grande difficoltà, anche economica, che l’ha portata a fare lavori tutt’altro che fotografici ma che le consentissero di vivere.

Una volta uscita da questo periodo, scelse Milano per il suo percorso universitario perché “nessun’altra città poteva essere accostata al termine fotografia. La scelta è stata giusta”.

TRA ARTE E FOTOGRAFIA: RITRATTI O PAESAGGI?

“Per me la fotografia non può essere suddivisa in compartimenti. Io sono amante della macchina, è proprio un rapporto che stabilisco con il mezzo”.

E se i paesaggi hanno avuto una grande importanza per Anna Socci, anche i ritratti non sono da meno. Durante l’intervista ha mostrato una fotografia che fece al suo fratellino, di sette anni più piccolo, quando era ancora un bambino.

“Mio fratello Matteo è stato la mia cavia. Questa foto è una delle prime che ho scattato nella mia fase di massima purezza”.

Il primo piano ha riscosso grande successo quando è stata riconosciuta da LensCulture, una delle principali piattaforme nell’ambito della fotografia artistica, al punto da essere pubblicata sul sito web della rete.

“La Anna di oggi è pienamente consapevole delle proprie capacità, so fin dove spingere con la mia fotografia: durante i viaggi riesco a ritrovare quella forma di approccio primitivo che avevo quando scattavo in costiera, ma anche quando svolgo lavori commissionati, cerco sempre un pezzo di me nei soggetti che immortalo”.

A questo punto, la domanda sorge spontanea: tutte le foto sono arte? O c’è una soglia che separa le due circostanze?

No, assolutamente. Non tutte le foto sono arte. A dividerle c’è l’intenzione grazie alla quale nascono”.

“IN COSTIERA AMALFITANA TORNERÒ PER CONTINUARE A SPIARE

“Assolutamente, vorrei tornare a vivere in Costiera. Mi piacerebbe dividere la mia vita tra nord e sud”.

Per concludere, abbiamo chiesto ad Anna se c’è un fil rouge che unisce tutte le sue fotografie e la risposta è stata…

“Lo spionaggio. Lo spiego in due modi: da un lato riguarda l’approccio visivo perché cerco sempre di cogliere aspetti inediti e rubati dei soggetti che scatto, dall’altro lato mi riferisco alla postura che adotto quando fotografo: sono sempre chiusa, ricurva, come se cercassi prima in me quello che vorrei trovare fuori”.

Skip to content