NAPOLI – Sabato 7 gennaio alle 16.30, presso la sede della Lega Navale (Giardini del Molosiglio), verrà presentata la mostra fotografica itinerante che racconta la storia degli italiani di Crimea, una piccola minoranza emigrata nell’Ottocento dalla Puglia ma anche dalla Campania, che dopo decenni di pace e di prosperità fu sistematicamente perseguitata dal comunismo.
Dapprima la collettivizzazione degli Anni Venti, con il sequestro di tutte le proprietà, e le successive carestie; poi le purghe staliniane, con decine di loro che furono ingiustamente accusati di attività controrivoluzionaria, processati e fucilati; infine, il 29 gennaio del 1942, il rastrellamento casa per casa di tutte le famiglie di origine italiana e il loro trasferimento nei Gulag del Kazakhstan, dove i circa 1500 deportati furono decimati dal freddo, dalla fame, dalle malattie e dai lavori forzati.
Una deportazione ignorata dai libri di storia, perpetrata ai danni di una comunità la cui unica colpa era quella di essere di origine italiana e per questo facile obiettivo di una rappresaglia per l’invasione dell’Unione Sovietica da parte dell’Armir. Negli Anni Cinquanta il mesto ritorno in Crimea di un’ottantina di sopravvissuti, che dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica hanno costituito l’associazione Cerkio, per non dimenticare e per riallacciare i legami con la madrepatria dei loro nonni.
Nel 2015 il presidente russo Putin ha riconosciuto agli italiani di Crimea lo status di minoranza perseguitata e deportata, un traguardo importantissimo sia per ristabilire la verità storica sia per avere accesso a un indennizzo per le case perdute al momento della deportazione. Fra i documenti necessari per avviare la pratica, un certificato che dimostri la detenzione nei Gulag kazaki.
Con il finanziamento determinante di Assopopolari, l’Associazione delle Banche Popolari Italiane, nell’agosto scorso è così partita per Karaganda – sede del più grande Gulag (ora in territorio kazako) di tutta l’ex Unione Sovietica – una missione di tre ricercatori con lo scopo di ritrovare i documenti mancanti.
La grande sorpresa è stata che accanto a decine di nominativi di italiani di Crimea, nello stesso archivio del lager n. 99 è stata trovata traccia del passaggio di circa 900 militari italiani dell’Armir, creduti morti in combattimento durante la Campagna di Russia o nel corso della disastrosa ritirata. In realtà erano stati catturati dall’Armata Rossa e in spregio a tutte le convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra furono mandati ai lavori forzati nelle miniere, nelle cave di pietra e in agricoltura.
Sabato 7 gennaio, a Napoli, sarà così l’occasione per presentare anche il risultato di questa clamorosa ricerca, che per quanto riguarda Napoli e provincia conta 38 prigionieri di guerra (82 per l’intera regione Campania). Una ricerca che è poi continuata anche in Italia, e infatti saranno presenti i sindaci dei paesi di origine e i parenti di alcuni dei militari campani considerati dispersi ai quali verrà consegnata la scheda di prigionia del loro congiunto fotografata nell’archivio del Gulag.
Il potenziale di questa ricerca è enorme, considerato che finora è stata esaminata solo una piccola parte delle schede conservate nei Gulag: da un primo confronto coi diversi archivi sparsi in tutto il territorio dell’ex Unione Sovietica appare chiaro che almeno 20 mila dei circa 90 mila dispersi della Campagna di Russia non erano morti ma furono catturati e mandati ai lavori forzati. Molti di loro sono stati liberati negli Anni Cinquanta e hanno potuto fare ritorno in Italia, ma molti altri sono morti nei Gulag e un’indagine capillare potrebbe sicuramente chiarire il loro destino e dare una risposta a tante famiglie che dopo anni di silenzio da parte delle istituzioni italiane hanno ormai perso ogni speranza.