Al “Madre” l’omaggio a Fabio Mauri: le cause reali di ciò che definiamo immateriale

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C’è tutto il pensiero di Fabio Mauri, grande esponente delle neo-avanguardie della seconda metà del 900, nella ‘Retrospettiva a luce solida’ che gli dedica il Madre di Napoli (domani ore 19 l’inaugurazione, fino al 6 marzo) con più di 100 fra opere, azioni e documenti, l’omaggio più completo dell’ultimo ventennio all’artista romano scomparso nel 2009 (a cura di Laura Cherubini e Andrea Viliani direttore del museo d’arte contemporanea Donnaregina). I linguaggi dell’ideologia e della propaganda, e quindi dei fascismi, le strutture dell’immaginario collettivo a partire dal cinema, sono state le direttrici della ricerca originalissima di Mauri (basti pensare alla coeva pop art) che ha indagato nella storia europea del secolo breve. Temi che si rivelano oggi di grande attualità, come ci ricorda il ‘Muro occidentale’ o del pianto, 4 metri di antiche valige, che accoglie al piano terra del Madre mentre un artista-sciatore segue i visitatori disegnandone le sagome . Contemporaneamente prendono vita alcune tra le performance più importanti realizzate Mauri, proprio in omaggio alla matrice teatrale della sua arte. Ed ecco una ‘piccola italiana’ che si sveste lentamente dalla elegante divisa per restare completamente nuda. A pochi metri ecco la bella Danka Schröder che legge in tedesco: alle sue spalle una splendida foto del 1978 che la ritrae nella stessa posa (dal titolo Europa bombardata) firmata Elisabetta Catalano. Come su un palcoscenico ecco quindi opere fondamentali come ‘Manipolazione di cultura’ (1971-1976), ‘Ho pensato tutto’ (1972) e il ‘Linguaggio è guerra’ (1975), ‘Teatrum Unicum Artium’ (2007) introdotte dalla impressionante Sala del Gran Consiglio con le statue di cera dei gerarchi fascisti (Oscuramento, 1975). Al terzo piano un ‘loop’ architettonico è dedicato alle narrazioni ‘mediatiche’ a partire da quelle cinematografiche che Mauri racconta già dalla seconda metà degli anni 50 (The End, Braccio di ferro, Cassetto, The Nursery news)in dialogo con il successivo ‘Schermo Leo Castelli’ (1974). Presenti i principali lavori scultorei installativi a partire da ‘Cinema a luce solida’ (1968), segue una selezione della serie ‘Schermi’ fino ad uno dei primi ‘zerbini’ (‘l’Ospite armeno’ del 2001). Ed è possibile per il visitatore, quasi sopraffatto da tanti stimoli, passeggiare sulla ‘Luna’ (1968) entrando in una stanza con polistirolo, creata un anno prima dell’allunaggio. Nella sala centrale del piano 36 schermi, ovvero ‘Perchè un pensiero intossica una stanza’ (1972) e un proiettore 35 mm dove al posto della pellicola è inserita una tela bianca. Si giunge quindi alle celebri proiezioni in 16 mm degli anni 70 su corpi e oggetti (come la bilancia e il secchio di latte) della serie ‘Senza’: si può assistere a Giovanna d’Arco di de Gastyne su una ragazza dal seno acerbo, Viva Zapata di Kazan su un uomo a torso nudo. ‘Intellettuale’ ricorda invece la storica performance con l’amico Pasolini del 1975 in cui il regista divenne schermo per ‘Il Vangelo secondo Matteo’. Un percorso che si conclude con le più recenti proiezioni digitali. Nella sala delle colonne c’è infine l’integrale corpus delle maquette architettoniche che ricostruiscono le principali mostre di Mauri. Per la serata inaugurale ‘Uccellacci e Uccellini’ sarà proiettato sulle mura del cortile. All’ esterno del palazzo ottocentesco, sul tetto, sventola ‘La resa’, bandiera bianca issata a un palo, quasi un grido di impotenza di fronte alla complessità del mondo.