Anarchia in aula e truffe assicurative: aggressione ai giudici

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Anarchia in aula e truffe assicurative: aggressione ai giudici

A causare il traboccamento del vaso è sempre l’ultima goccia, facendo fede ad una massima popolare che si tramanda da generazioni.

Tale proverbio ben si attaglia anche al dissesto in cui continua a versare la Giustizia italiana: difatti, proprio venerdì scorso, in un’aula del Giudice di Pace di Barra, s’è verificata una scena che, ad avviso di chi scrive, ben si sarebbe potuta evitare, se si fosse recepito fedelmente il monito illo tempore rivolto ai vertici della Giustizia locale e nazionale, nel cui corpus si poneva in evidenza il degrado, sotto ogni profilo, degli Uffici Giudiziari ubicati nel Distretto di Corte d’Appello di Napoli.

Lo stabile che ospita il Giudice di Pace sunnominato è sito quasi alle pendici del Vesuvio (che, all’orizzonte, ben si nota), su un viale quasi solitario. Una volta che vi si accede, risulta pressoché facile avvedersi che, purtroppo, mancano del tutto i presìdi di sicurezza: tutti possono accedere ad uffici ed aule indiscriminatamente, poiché le funzioni di polizia non vengono concretamente esercitate.

Tale gravissima carenza ha fatto sì che uno dei Magistrati onorari attivi presso l’Ufficio in parola venisse aggredito nel compimento del proprio dovere da un individuo che, con l’intento di testimoniare in luogo di altri nell’ambito di una causa ivi pendente, aveva presentato un documento d’identità del tutto falso.

La Giudice, tale Antonella Giugliano, una donna di cinquantasette anni con un encomiabile senso del dovere, ha immediatamente scoperto l’arcano e, all’atto di riportare tempestivamente il tutto a verbale, s’è vista strappare di mano con veemenza il documento presentatole, gesto che le ha causato la distorsione di un dito: l’intento dell’aggressore era, infatti, quello di far sparire la prova inconfutabile del proprio misfatto.

Ma…chi avrebbe dovuto allertare le Forze dell’Ordine, o garantire lo svolgimento delle udienze in modo sicuro per gli operatori del diritto, dove diamine stava? Com’è possibile, poi, che, in assenza di adeguati controlli, si riesca ad accedere ad aule e cancellerie…ed a dare sfogo alle proprie ire verso chi sta assolvendo ai propri doveri con una dedizione propria di pochi, nonché – fatto parimenti degno di riprovazione – a far sparire atti e documenti di causa?

La malcapitata Giudice – che ora teme seriamente per la propria incolumità -, dopo aver ricevuto le cure dei sanitari in pronto soccorso (con prognosi pari a dieci giorni), s’è dovuta recare personalmente presso la vicina Stazione dei Carabinieri per sporgere querela nei confronti del suo aggressore; se, invece, si fosse garantita la presenza delle FF.OO. presso gli Uffici del GDP, si sarebbe potuto procedere perlomeno all’identificazione del responsabile.

La problematica oggetto del presente scritto è stata già messa in luce un paio d’anni fa, dacché lo scrivente avvocato Vizzino, dopo aver subìto una brutale e vile aggressione nei locali dell’Ufficio del GdP di Frattamaggiore presso cui aveva discusso una causa piuttosto complicata in materia di truffe assicurative, si era sùbito rivolto, tramite telefono, alla Polizia di Stato, il cui intervento, però, venne messo in atto a distanza di ben mezz’ora dall’accaduto.

E – fatto ancor più grave -, dopo quasi due anni…non si è ancora provveduto a convocarlo per un’audizione in Procura: che obbrobrio!

Chi fa sì che Avvocati, Magistrati e membri del Personale possano lavorare in serenità e, soprattutto, senza il rischio di subire botte da orbi (o peggio)?Rebus sic stantibus, nessuno, sebbene si sia provveduto a mettere al corrente di tutto il Ministero della Giustizia, Presidenti dei Tribunali, i Dirigenti del Personale e, non da ultimo, i Consigli dell’Ordine.

L’aggressione ad un soggetto…veramente terzo ed imparziale per aver provveduto, come da Legge, alla verifica dei dati contenuti in un documento d’identità lede senz’altro la reputazione della Giustizia italiana, oltre all’onore ed al decoro di Magistrati, Avvocati e Personale, spesso lasciati soli dalle Istituzioni che, invece, dovrebbero scendere in campo per tutelarli.

A questo aggiungasi che, in una cospicua pluralità di casi, le prove per testimoni vengono espletate in modo pressoché maldestro, senza che il Giudice ed i Cancellieri possano monitorare che il tutto si svolga in conformità alle norme del Codice di rito: a titolo esemplificativo, si pensi all’escussione dei testi…nei corridoi od in luoghi appartati (se non addirittura tramite l’utilizzo dei cellulari), prassi suscettibile d’inquinare irrimediabilmente il materiale probatorio e, in più, di violare la normativa – nazionale ed eurounitaria – in tema di riservatezza.

Risulta, a questo punto, doveroso riportare quanto avvenuto da ultimo innanzi al Giudice di Pace di Marigliano, nel Circondario di Nola, ove un avvocato, dopo aver richiesto l’escussione dei testi alla presenza del Giudice, del Cancelliere e dei Difensori, con redazione del verbale a cura del secondo, s’è visto opporre un fermo ed inescusabile diniego…con tanto di “ripicca”, poiché il Giudicante ha demandato l’elaborazione del verbale ad uno degli avvocati, con tutti i rischi da ciò derivanti.

Nonostante i costanti sforzi da parte del team Studio Vizzino, i Giudici continuano a disinteressarsi di quanto sia illecita una siffatta prassi: tramite i cellulari può, invero, capitare di tutto, quindi…ogni dato può finire nelle mani di qualche burattinaio e lasciargli terreno fertile per porre in essere altre truffe, specie in campo assicurativo.

Per scongiurare le spiacevoli (e pericolose) conseguenze testé cennate, sarebbe d’uopo non concentrare le prove per testi in un’unica fascia oraria, ma fissare – anche in previsione della rispettiva durata – intervalli di tempo precisi per espletarle: solo così ci si può auspicare che il tutto avvenga ordinatamente!

Ma non si trascuri neanche il frequente esercizio abusivo della professione forense ad opera di chi, intrufolatosi in aula…grazie all’inerzia dei preposti alla sicurezza (o meglio, alla loro assenza, perché non se ne vede neppure l’ombra), elude facilmente qualche Giudicante: infatti, la maggior parte dei Magistrati di Pace non si premura di controllare il tesserino degli effettivi patrocinatori.

Ebbene, la dottoressa Giugliano è andata controcorrente, lasciando intravedere una luce raggiante all’interno di un oscuro tunnel.

D’altronde, anche i professionisti dello Studio Vizzino, in sede di redazione degli atti giudiziari e dei verbali d’udienza, sottolineano – giustamente – di voler accettare il contraddittorio innanzi ai Giudici solo laddove sia acclarato che le cause delle rispettive controparti siano perorate da avvocati o praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo.

Altro inconveniente posto varie volte in evidenza è rappresentato dalla fatiscenza degli edifici ove operano i Giudici di Pace e, al tempo stesso, dall’incuria totale con cui vengono condotte le varie operazioni.

In primo luogo, le condizioni in cui versano le aule risultano raccapriccianti ed indecorose ed in questa prospettiva, il lassismo istituzionale è lapalissiano. Ci sono carenze poderose sia in termini igienico-sanitari sia strutturali, alla quale si aggiungono sia gli allagamenti sistematici a ogni pioggia ed una carenza di personale, senza precedenti. Inoltre, gli spazi angusti preposti all’attesa delle udienze e le dimensioni delle aule spesso non risultano confacenti al numero di soggetti coinvolti.

Tale è una fotografia impietosa che riflette in peius l’ideale della giustizia. Ed in questa prospettiva, di maggiore perplessità risulta ciò che emerge dal dossier sull’edilizia giudiziaria nel nostro Paese curata dalla VIII commissione permanente di studio dell’Anm. In particolare, tra soffitti e solai fatiscenti, carenza di impianti di sicurezza e cornicioni pericolanti, la mappa degli edifici giudiziari da rimettere a nuovo nell’intera penisola restituisce un quadro quantomai desolante.

A ciò deve necessariamente sommarsi l’indecenza che deriva da tale massiva discrasia: in particolare, in determinati uffici, si può prendere cognizione di dati sensibili in maniera totalmente limpida e trasparente, accedendo al relativo faldone in maniera priva di alcun controllo ed indisturbata. Anche sulla base di tale indecente circostanza si rende necessario dotare i summenzionati uffici di forza pubblica, con un sistema di sorveglianza regolarmente istituito, come in ogni altra sede istituzionale idonea, ma anche per prevenire eventuali disagi che potrebbero compromettere o menomare l’attività giudiziaria.

Altresì a tale contesto, si deve anche addizionare sia la circostanza per cui ci si ritrova fagocitati tra vagonate di faldoni e fascicoli senza un sistema di gestione ed amministrazione idoneo, sia il triste fenomeno per cui determinate cancelliere risultano aperte a giorni alterni, concretizzando un danno incommensurabile sia nei confronti dell’arretrato, sia nei confronti di avvocati e clienti.

Per mero scrupolo informativo, si riporta all’attenzione che nel solo Ufficio del Giudice di Pace di Aversa, ci sono da pubblicare oltre 10mila sentenze e che il tempo previsti per lo smaltimento di tale mole di lavoro raggiunga 2 anni.

Per non rammentare i tempi biblici previsti per un’ordinaria richiesta di copie, per la quale si può attendere anche 1 anno. In tali zone, è fuori dubbio che non si riesca più a garantire in maniera funzionale ed efficiente il servizio al pubblico.

Risulta triste e sconcertante, considerare che tale incuria istituzionale è ravvisabile proprio negli uffici, che risultano essere il grado di giurisdizione più vicina al cittadino.

S’intende, poi, far luce sulla grave criticità dell’ ufficio archivio del Giudice di Pace di Napoli, al collasso da parecchio, dopo il trasferimento dei lavoratori socialmente utili alla Città Metropolitana. Sulla base di tale dato e delle molteplici segnalazioni inoltrate, è bene rammentare che i fascicoli definiti restano in cancelleria e gli avvocati devono materialmente cercare le loro produzioni, fra migliaia di processi in ordine sparso, configurando in tal modo un lavoro di natura elefantiaca.

Di non minore importanza è la famigerata questione dei consulenti tecnici (di parte e d’ufficio) che balzellano quotidianamente, a mo’ di grilli, nei corridoi degli Uffici giudiziari, nelle Cancellerie od addirittura in aula con l’obiettivo di accaparrarsi gli incarichi o di giurare seduta stante come ausiliari del Giudice (nel secondo caso viene meno la terzietà ed imparzialità del CTU).

Sul tema, c’è da ricordare il ben noto servizio, andato in onda tempo fa, riguardante la disorganizzazione che regna nel Mandamento di Marano di Napoli: fascicoli che si volatilizzano, cancellerie alla mercé di tutti e, soprattutto, membri del personale che sovente assumono la veste di consulenti nelle cause ivi iscritte al Ruolo. Semplicemente vergognoso!

Inoltre, sebbene le telecamere avessero ripreso “con le mani nel sacco” i periti che “lavoravano” nelle cancellerie per concludere i propri loschi affari, le Istituzioni sono rimaste…del tutto inerti, compromettendo la loro credibilità.

In virtù di quanto suesposto, chi scrive – oltre a congratularsi con la Giudice aggredita per il senso del dovere dimostrato e ad augurarle, contestualmente, una celere guarigione – intende rivolgere alle Istituzioni interessate, segnatamente Ministero della Giustizia, Presidenti delle Corti d’Appello, Presidenti dei Tribunali, Consiglio Nazionale Forense e Consigli degli Ordini degli Avvocati un accorato appello a porre rimedio agli inconvenienti supra descritti, provvedendo nel seguente modo:

assicurare un effettivo presidio di sicurezza negli Uffici giudiziari, che abbia cura d’identificare con accuratezza chi vi accede e di verificare – anche con l’ausilio dei Giudici – se chi verbalizza o patrocina sia effettivamente avvocato (evitando, altresì, che le prove testimoniali siano espletate nei corridoi, alla mercé di tutti, senza che il Magistrato ed il Cancelliere sovrintendano alle operazioni) e, nelle more, decretare la chiusura temporanea del Mandamento di Barra, sperando di non arrivare alle calende greche;
costituirsi parte civile in tutti i procedimenti penali aventi ad oggetto aggressioni perpetrate verso Magistrati, Avvocati e Personale, dacché l’agire criminoso di certi individui lede l’immagine di tali categorie professionali;
eseguire in tempi brevi gli interventi manutentivi necessari a far sì che nei palazzi di giustizia si lavori senza tensione e, soprattutto, in ambienti salubri;
impedire che i consulenti tecnici, approfittando della bolgia all’interno degli Uffici in questione, vadano a caccia d’incarichi in spregio ad ogni disposizione di Legge;
vigilare sull’operato dei preposti ad archivi e cancellerie, dimodoché i fascicoli di causa non spariscano (o non vengano fatti sparire).
Il motore della macchina giudiziaria è interessato da molteplici guasti alla cui risoluzione, purtroppo, s’indugia da tanto a provvedere: se a lubrificarlo con l’olio dell’onestà non sono gli operatori onesti, il riassesto si fa via via complicato, se non impossibile!

Si desidera, altresì, esprimere – unitamente all’avvocatura territoriale di Barra – la piena solidarietà al Magistrato rimasto vittima della denunciata aggressione, nonché condannare lo spregevole e violento atto consumato nell’aula d’udienza.

Si vuole, infine, invitare ogni operatore del Foro (Magistrati ed Avvocati) a prendere a modello la condotta della Giudicante aggredita a Barra, la quale ha dimostrato che alla mala-giustizia si ovvia innanzitutto con l’abnegazione: ancora complimenti, dottoressa, per aver sventato, col Suo lodevole coraggio, un potenziale tentativo di “sporcare” quella Giustizia che, per Divina Grazia, vanta tuttora illustri esponenti, fra cui Lei.

Ad maiora semper! – Dott. Adriano J. Spagnuolo Vigorita