E’ stata celebrata ieri in tutto il mondo la giornata dell’infermiere. Una ricorrenza che mai come quest’anno ha un duplice significato ribadire le codizioni di lavoro spesso difficile del personale infermieristico e il sacrificio pagato dalla categoria nella gestione della pandemia.
Secondo uno studio dell’Inail da fine febbraio al 4 maggio sono stati 37.352 i contagi sul lavoro da covid-19, di cui il 73,2 per cento tra il personale sanitario. Di questi il 43,7 per cento tra infermieri e fisioterapisti.
La maggior parte dei decessi tra gli operatori sanitari, calcola sempre il sindacato, è stata registrata nelle regioni più colpite dall’epidemia: 10 in Lombardia, 3 in Piemonte, 2 in Veneto, 1 in Emilia Romagna e così via. E poi la Campania, con 5 morti.
“Purtroppo noi infermieri – ribadisce Andrea Bottega, segretario nazionale NurSind – siamo diventati nostro malgrado vettori del contagio per tre motivi: la difficoltà nel reperire dispositivi di protezione individuale unita, in un primo momento, all’assenza di regole chiare e precise, a cui si è aggiunta la mancanza dei tamponi, per individuare e isolare i positivi, anche tra il personale sanitario”.