Una piazza gremita per tutto il giorno, festosa, allegra, con la voglia di cantare e di chiedere un riscatto per un Sud sempre più ai margini.
Il concerto a Napoli del 1 maggio, in piazza Dante, è stato soprattutto questo. Dieci ore di musica, 60 tra artisti e gruppi e la conduzione verace di Anna Trieste, hanno animato la piazza.
Sul palco, insieme alla giornalista, anche le voci radiofoniche di Gianni Simioli e Daniele Decibel Bellini. Il direttore artistico, Massimo Jovine, ha composto una scaletta carica di energia.
La nuova scena musicale napoletana, cantautorale, autentica, che si estrinseca con la trap, il rap neapolitano ma anche la melodia della città smarrita.
E che prova a ritrovarsi. Come fanno altre metropoli con le quali si è tenuto un filo conduttore, come Taranto e Cosenza. Altre piazze, ma storie analoghe, di mancanza di lavoro, oppressione e arretratezza. Non culturale ma sociale e civile, alla quale si prova a dire “No”.
Con le storie di chi ha voluto testimoniare la propria esperienza. Il comitato Vele, quello di Taverna del Ferro, o i ragazzi del coordinamento lotta per il lavoro. Insieme a loro quelli del 7 novembre, con gli operai dell’Ilva di Taranto, o i recentemente costituiti movimenti ispirati a Greta Thunberg.
I meno giovani avrebbero ascoltato volentieri anche pezzi più affini alla tradizione musicale partenopea, non sono mancati i mugugni, ma quella piazza ha voluto esprimersi con quella forza.
Con quelle parole, universali come i temi affrontati. In una Napoli che continua a guardarsi alle spalle con nostalgia, alla quale sembra proprio sia stato cancellato il futuro.