Coronavirus, spiagge aperte: per il Sib no a spazi di reclusione

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Barriere di plexiglass per distanziare gli ombrelloni, accesso a numero chiuso e chissà, forse anche la mascherina subacquea per fare un tuffo a mare.

E’ questo l’inquietante scenario del dopo coronavirus sul quale gli imprenditori della balneazione stanno alzando gli scudi dopo il via libera, a partire dal 3 maggio in Campania – nel resto d’Italia dal 14 aprile – per avviare le attività di manutenzione e di montaggio delle attrezzature sugli arenili.

A sollevare le polemiche una dichiarazione del sottosegretario con delega al Turismo, Lorenza Bonaccorsi che ha rassicurato gli appassionati della tintarella ma ha messo in allarme i concessionari dei lidi: Andremo al mare questa estate, ha affermato la rappresentante del Mibact e stiamo immaginando una serie di normative che contemplino l’ipotesi di un distanziamento”.

Ma è proprio sulle modalità del distanziamento che i gestori degli stabilimenti fanno quadrato e rilanciano al mittente ogni tentativo di trasformare le oasi di relax e di tempo libero in veri e propri spazi di reclusione, come sottolinea Salvatore Trinchillo, titolare del complesso Varca d’Oro e vicepresidente nazionale del Sib, il sindacato balneari di Confcommercio Imprese per Italia.

Prese le distanze dalle barriere trasparenti tra gli ombrelloni, gli imprenditori della balneazione chiederanno nei prossimi giorni una serie di provvedimenti urgenti per programmare la imminente stagione estiva all’insegna del contenimento dei danni.

Il calo del fatturato, dopo la Pasqua e i ponti di fine aprile blindati dal lockdown nazionale, è almeno del 60 per cento, ma solo se si potranno aprire le spiagge nei mesi estivi. Altrimenti i danni saranno incalcolabili per le aziende e per i lavoratori del turismo stagionale, questi ultimi i più colpiti in assoluto dall’emergenza coronavirus.