Un viaggio fotografico che incrocia il fascino di corpi e sete alle opere d’arte di cui Palazzo Albertini di Cimitile, a due passi dal Musoe Nazionale di Napoli, è scrigno e custode. 19 fotografie, realizzare dall’artista Sergio Goglia, per un apersonale dal titolo “Back To The Future”. Parte del ricavato sarà devoluto alla Fondazione Comunità di San Gennaro, che ha come presidente onorario il fotografo Mimmo Jodice. E opera nella Sanità grazie all’azione instancabile del parroco, Padre Antonio Loffredo.
Tra i curiosi del vernissage d’apertura anche lo stilista Rocco Barocco. All’opening, ad accogliere circa 200 ospiti, il padrone di casa Sergio Cappelli ma anche il collezionista d’arte contemporanea e stilista di fama internazionale Ernesto Esposito.
“Back To The Future – Ritorno al futuro è un recupero dell’antico in chiave moderna, seguendo la teoria di Leon Battista Alberti – racconta Sergio Goglia –. L’arte classica, l’arte antica, all’epoca in cui è stata realizzata, era moderna. Ho immaginato, in modo fantastico, questi corpi, custoditi dagli affreschi e dalle statue, ricatturati fotograficamente e riposti in chiave contemporanea sulle pareti e negli spazi del Palazzo. Un gioco, un intreccio di restituzione di un tempo senza tempo, in cui ieri diventa oggi e anche domani. La magia dell’arte, l’armonia dei corpi si incrociano nel luogo che li ospita da sempre e diventa tutto vivo e affascinante”.
La colonna sonora della mattinata, con musiche di Ennio Morricone, è stata eseguita dall’ensambel della Fondazione composta da: Alfonso Valletta (Fagotto); Nico Rodrigues (Corno francese); Luca De Angelis (Violino); Dino Cerabono (Violino)
L’essenza di “Back To The Furture” ben si coglie nello scritto con cui Ernesto Esposito introduce il catalogo. “In questa mostra la correlazione fra il luogo e le immagini è più forte che mai, rivelandosi fondamentale per la comprensione del viaggio che Sergio Goglia ci fa compiere. L’idea nasce dal fascino potente di un luogo, che ha pareti e soffitti che dichiarano la storia dei secoli trascorsi, mostrando, quasi ostentando, i segni e le ferite del tempo. In ogni creatura di Sergio, e non a caso dico creatura, e non creazione , intravedo una doppia anima. La prima più antica, che si nutre dei bisbigli delle stanze che la contengono e la trattengono; e l’altra, un’anima nuova che chiede di respirare e ha un cuore rosso che esce dal petto e vorrebbe battersi. Personaggi non in cerca di autore, ché il loro autore è Goglia, ma alla ricerca di un tempo ‘acronico’. Che riconosca loro la dignità per ciò che furono, prima di incontrare il deus ex machina che potrà salvarli. Sergio, usando con sapienza i ferri del suo mestiere, non come una fotocamera di ultima generazione, ma come un prezioso defibrillatore che riaccende la scintilla della vita in cuori fermi da troppi anni, riesce a donare loro l’opportunità del ‘dopo’, che sarà egualmente nobile, se le ferite del tempo diventeranno feritoie aperte verso il tempo”.