Covid-19, riapertura degli uffici giudiziari: l’appello degli avvocati per la tutela della salute

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L’emergenza Covid 19, purtroppo, ha fatto registrare, insieme ad altri provvedimenti limitativi delle libertà personali, il più eclatante dei provvedimenti, la chiusura del sistema Giustizia su tutto il territorio nazionale, cosa mai accaduta in epoca repubblicana.
Ovviamente le motivazioni che hanno portato alla definitiva chiusura degli uffici giudiziari, soprattutto nell’immediato, erano più che giustificate; a Napoli, addirittura, si è dovuto registrare un’inversione dell’onere della prova, in termini di iniziativa, tenuto conto che i vertici locali della magistratura non intendevano chiudere gli uffici, pur invitati a tanto dal COA e dagli eventi di contagio; il tutto si è spinto sino alla proclamata astensione da parte del Consiglio napoletano, poi estesa su tutto il territorio nazionale dalle istituzioni rappresentative forensi, e ciò fino ad arrivare ad un vero e proprio braccio di ferro tra magistratura ed avvocatura, poi risolto, finalmente, dai DDPPCCMM e dai Decreti succedutisi nelle ultime settimane.
Gli avvocati, quindi, sono stati i primi a denunziare una situazione incresciosa che li vedeva sottoposti ad attese ed assembramenti pericolosissimi fuori alle aule dei giudici, che nel frattempo si proteggevano, imponendo le distanze.
Gli avvocati anche ora che il numero dei contagi comincia ad essere sempre più rincuorante, soprattutto al sud, intendono essere i primi a sottoporre una serie di prescrizioni che possano garantire a tutti gli addetti ai lavori, dignità e sicurezza nell’esercizio della professione nel mentre si opera all’interno degli uffici giudiziari.
Questa volta non si tratta di approfondire le c.d. questioni telematiche, le udienze da remoto, il sistema Microsoft Teams etc (tematiche comunque estremamente importanti), ora è il momento di inquadrare il perimetro di sicurezza entro il quale gli operatori del diritto devono essere messi in condizione di operare con sicurezza, con serenità, riducendo al massimo il rischio contagio.
Ogni perimetro dovrà essere studiato a seconda dell’ufficio giudiziario in esame; è chiaro infatti che specialmente alcuni Uffici del Giudice di Pace, già prima del Covid 19, si presentavano assolutamente lontani dal rispetto delle più elementari norme, non sull’igiene, la salute e la sicurezza, bensì inerenti il semplice vivere civile, per non parlare della dignità di qualsivoglia operatore.
Naturalmente, il mancato rispetto delle norme a tutela della incolumità degli operatori del settore che svolgono la loro attività lavorativa presso gli edifici pubblici comporta, non solo l’irrogazione di sanzioni amministrative ma, soprattutto, la responsabilità del Ministero della Giustizia in ipotesi di infortuni e malattie di tutto il personale (Giudicanti , avvocati, cancellieri). Come si può ben capire, dunque, l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 non ha fatto altro che porre sotto la lente di ingrandimento le strutturate falle e disfunzioni del sistema Giustizia, già da anni insostenibili.
Tra l’altro, l’enorme e spropositata mole di avvocati che si affolla nei suddetti Uffici, impedisce il normale e necessario ricircolo dell’aria, anche alla luce della grandezza delle aule di udienza, le quali si sono rivelate di dimensioni insufficienti rispetto ai fabbisogni, determinando, così, in molti fori e specialmente in quelli ubicati presso le aree periferiche, situazioni inaccettabili per la salute e la sicurezza di tutta l’utenza, ai limiti della chiusura dei locali. I locali dei Giudici di Pace pertanto sono tutt’altro che vivibili e, certamente, del tutto inappropriati al corretto svolgimento della attività giudiziaria. Naturalmente, a quasi due mesi dall’introduzione delle misure restrittive imposte dai recenti DPCM, il solo pensiero di tornare in quei luoghi, desta, per usare un eufemismo, molta preoccupazione.
Proprio in questi giorni, l’Organismo Congressuale Forense ha denunciato l’inadeguatezza dei provvedimenti adottati dal Ministro della Giustizia in ordine alla modalità di ripresa dei lavori dei Giudici di Pace. In tempi di Coronavirus, mentre altre giurisdizioni discutono di processi in videoconferenza, per i Giudici di Pace la soluzione adottata dal Ministero della Giustizia è stata quella di acquistare una licenza per sei mesi di Office 365 e del software Teams. Sul punto, non ha tardato la denuncia dell’OCF: “(…) Una decisione del tutto inadeguata a fronte di una emergenza destinata a durare ben più a lungo che denuncia IL TOTALE DISINTERESSE di via Arenula e degli addetti alla Giustizia per una giurisdizione da sempre considerata minore e che tuttavia incide fortemente sui diritti dei cittadini (…)”.
La denuncia è forte e chiarissima.
Lo Studio Legale Vizzino, già ante emergenza sanitaria, aveva segnalato alle competenti autorità le disfunzioni ed il mancato rispetto di norme di sicurezza, igienico sanitarie di alcuni uffici soprattutto periferici.
Ferme tutte le considerazioni che precedono, l’intervento che si chiede e si auspica, deve apportare non soltanto misure temporanee volte a fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso, ma soprattutto, gettare le basi per una nuova e sana Giustizia in grado di consentire a tutti gli addetti di lavorare in sicurezza nonché di consentire un maggior controllo sul corretto funzionamento della macchina giudiziaria.
In particolare, sin da ora, lo scrivente Studio chiede in via prioritaria, nell’ottica di trasparenza ed a salvaguardia della incolumità degli operatori del diritto, che in ogni Foro Giudiziario venga disposta l’affissione della certificazione relativa all’avvenuta predisposizione e adeguamento dell’edificio a tutte le norme ed ai requisiti igienico-sanitari richiesti dal decreto “Cura Italia”.
I certificati richiesti, che assumono valore imprescindibile ai fini di consentire l’accesso agli uffici giudiziari, dovranno recare data certa, indicazione delle imprese e dei responsabili tecnici che assumeranno piena responsabilità in ordine alle attestazioni rese.
Diversamente, lo Studio Legale Vizzino non potrà presenziare alle udienze e denuncerà il mancato rispetto delle norme di sicurezza alle autorità competenti.
Naturalmente, e non è superfluo ricordarlo, i primi che rischiano la loro incolumità sono proprio i Giudici ed il personale tutto. Sul punto, non bisogna dimenticare che i giudici di pace, si ritrovano nella paradossale situazione di non poter beneficiare né delle misure predisposte per i lavoratori dipendenti, né tantomeno di quelle predisposte per i lavoratori autonomi. Ma il paradosso più grande è che la maggioranza dei Giudici di Pace non ha una copertura assistenziale e previdenziale, per cui, sebbene già si identifichi la malattia COVID contratta durante l’attività, quale infortunio sul lavoro, di fatto i Giudici in caso di contagio non possono chiedere alcun risarcimento o indennità ma, soprattutto, nella ipotesi sciagurata di decesso, non è prevista alcuna pensione di riversibilità per i congiunti. Eppure la circolare 10 maggio 2016 prot. m. dg. DOG. 10/05/2016.0063861 ha stabilito che: “(…) il presidente del tribunale diviene, a tutti gli effetti, il “datore di lavoro” con riguardo ai profili previsti dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro: in tale veste, gli è anche attribuita la competenza per le denunce di infortunio sul lavoro (all’INAIL e all’autorità di pubblica sicurezza) e malattia professionale (all’INAIL); e ancora “il subentro del presidente del tribunale nelle funzioni fin qui esercitate dal giudice di pace coordinatore non fa venir meno la validità di tutti i documenti previsti in materia di sicurezza sul lavoro (tra i quali il documento di valutazione dei rischi, il documento di valutazione del rischio incendio, il piano di emergenza ed evacuazione); pur restando validi ed efficaci i rapporti in corso con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, appare auspicabile che i presidenti dei tribunali, nell’esercizio delle nuove funzioni di coordinamento, incontrino i professionisti designati e provvedano a una ricognizione dello stato di attuazione della normativa sulla sicurezza (…)”. A tale circolare è seguita la nota Ministeriale diffusa ai Capi degli uffici per l’apertura della posizione assicurativa che, non solo non è stata eseguita da molti uffici ma, tutt’ora, vigente la Legge 28 aprile 2016 n. 57 e successivi decreti, l’assistenza previdenziale laddove azionata andrebbe decurtata dallo stipendio dello stesso giudice di pace!
In seconda battuta, va naturalmente evidenziato che, gli stessi avvocati, costretti a recarsi nei locali dei Giudici di Pace per svolgere la loro attività a difesa dei propri assistiti, sono ugualmente esposti al rischio di contagio, in quanto lo svolgimento delle udienze comporta, inevitabilmente, assembramenti se non nelle aule stesse, certamente nei corridoi adiacenti.
Per tali uffici, dunque, allo stato dei fatti, non si riesce ad intravedere possibilità alcuna di operare in sicurezza, nel mentre ancora imperversa il pericolo contagio.
Sarà necessario, quindi, procedere alla loro temporanea chiusura, ovvero, per evitare ciò ed una -altrettanto preoccupante- ulteriore paralisi giudiziaria, occorrerà individuare ed essere in grado di attuare ulteriori e decisive soluzioni che possano garantire agli operatori della giustizia di lavorare in sicurezza.
In ogni caso, il Ministero – unitamente a tutte le altre autorità coinvolte – dovrà fornire all’Ufficio guanti, mascherine, detergenti disinfettanti e quant’altro necessario allo svolgimento delle mansioni, oltreché predisporre la sanificazione prima e dopo ogni giorno di udienza. Occorrerà, inoltre, che siano predisposti, in versione identica per il Distretto e per l’intero territorio nazionale, protocolli di igiene e sicurezza, per disciplinare le distanze da tenere, le modalità di accesso etc. Consigliabile, poi, all’ingresso degli uffici la misurazione della temperatura corporea e quant’altro.
Dovranno essere adottati protocolli uniformi tra i COA e i presidenti delle varie Corti di Appello, onde consentire la ripresa dell’attività di udienza in piena sicurezza.
In particolare :
• Dovrà essere stabilito un numero ridotto di procedimenti da trattarsi, al fine di garantire l’accesso nei luoghi di Giustizia nel rispetto delle norme anti Covid. A sommesso avviso dello scrivente, dovrà essere ridimensionata la mole dei giudizi sul ruolo del Giudicante stabilendo non più di 20 cause al giorno.
• In tale prospettiva, certamente, affinchè siano assicurate la terzietà ed imparzialità dei giudici, si dovranno determinare criteri comuni per operare il differimento d’ufficio degli altri processi e occorrerà privilegiare la trattazione di procedimenti più antichi e che siano di interesse prioritario per i cittadini. Fra questi, senza dubbio, rientrano a pieno titolo quelli di risarcimento del danno perchè tesi a reintegrare perdite anche e sopratutto economiche che ad oggi, con la contestuale crisi finanziaria in atto, pesano ancor più sulle famiglie. Per converso, non appare necessario privilegiare materie quali il contenzioso esattoriale, atteso che le attività di Agenzie delle Entrate, quali la notifica di cartelle esattoriali o l’attivazione di procedure cautelari e di esecuzione, sono ferme nel periodo di sospensione che va dall’8 marzo 2020 al 31 maggio 2020.
• Occorrerà stabilire calendari di udienza con la fissazione dell’orario di trattazione dei singoli giudizi. All’uopo, appare opportuno prevedere la possibilità di fissare le udienze anche nel pomeriggio.
• Dovranno determinarsi i criteri per l’ordine di trattazione dei giudizi, suddividendo, ad esempio, i fascicoli in base alla fase in cui versa il procedimento.
• Nelle aule, per ragioni di privacy e sicurezza, dovranno essere presenti esclusivamente gli avvocati chiamati a patrocinare la causa ed il giudice, con la necessaria assistenza del cancelliere, così come previsto, d’altra parte, dal codice di rito. In particolare, solo i cancellieri e gli assistenti giudiziari dovranno custodire i fascicoli ed accedere agli stessi, avendo cura di portarli presso l’aula di udienza.
Per consentire il regolare svolgimento della Giustizia nel post Covid 19 si chiede altresì di mettere in campo tutti gli strumenti atti a disciplinare l’afflusso dell’utenza, sia agli ingressi degli edifici che all’interno delle aule, con predisposizione di personale operativo, forze dell’ordine, nonché con l’adozione di protocolli e circolari per l’applicazione delle misure precauzionali igienico sanitarie da diramare con urgenza in tutti gli uffici.
Da anni si parla di una avvocatura allo sbando, senza identità né tutele, spogliata di prestigio; in un momento storico così eccezionale, soprattutto per i giovani colleghi che si affacciano alla professione con tutto l’entusiasmo e le speranze di crescita professionale e culturale, è doveroso pretendere l’innalzamento della qualità del servizio giustizia e la rivalutazione del ruolo di tutti gli operatori del diritto.