Scrisse “Forza Vesuvio” su Fb, assolta. Pisani: “Sono senza parole”

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Ha usato in forma “sgradevole e rozza” un “luogo comune intriso più di ignoranza che di dato ideologico”, senza mettere in atto, pero’, alcuna “condotta propagandistica”. Lo scrive la Corte d’Appello di Milano nel motivare l’assoluzione dell’ex consigliera provinciale di Monza in quota Lega Nord, Donatella Galli, che era stata condannata in primo grado a venti giorni di reclusione e poi prosciolta, lo scorso novembre, per aver pubblicato su Facebook nel 2012 un post con su scritto “Forza Etna, forza Vesuvio, forza Marsili”, augurandosi “una catastrofe naturale nel centro-sud Italia”. Galli era accusata, in particolare, di aver propagandato “idee fondate sulla superiorita’ razziale ed etnica degli italiani settentrionali rispetto ai meridionali” e di “discriminazione razziale ed etnica”. Il processo era scaturito dalla denuncia dell’avvocato Sergio Pisani, parte civile in qualità di presidente della Ottava Municipalita’ di Napoli. Per la Corte, tuttavia, come si legge nelle motivazioni, “l’imputata si e’ limitata a lasciare un commento ad un post altrui” nel quale era pubblicata una “fotografia dell’Italia ‘dimezzata’”. E ha dato si’ un “individuale e soggettivo contributo” ad un “luogo comune intriso” di ignoranza, ma la sua non fu propaganda di idee razziste. Secondo la Corte (Ondei-Puccinelli-Nunnari), tra l’altro, c’e’ “identica rozzezza e sgradevolezza” negli “slogan beceri” che si sentono negli stadi con “invocazioni verso i vulcani presenti al Sud” contro le “popolazioni residenti nel Meridione”, ma anche questi slogan hanno “scarsa attitudine alla ‘propaganda’ ideologica”.

Sull’argomento è intervenuto l’avvocato Pisani che ha sostenuto: “Sono senza parole, purtroppo non mi meraviglio più di nulla è tutto molto triste e incredibile, ci vuole grande forza per andare avanti”

La Corte, inoltre, nelle motivazioni spiega anche che “la condotta consistente nel commentare un post pubblicato da un ‘amico’ di Facebook ha, nel social, una visibilità minore rispetto a quella che caratterizza la condotta consistente nella condivisione di un determinato contenuto sul proprio profilo”. E ciò “depotenzia fortemente l’impatto diffusivo del messaggio dell’imputata e tradisce, d’altro conto, l’intento della Galli non già di suscitare un dibattito o di veicolare una proposta ideologica all’indirizzo di un numero indistinto di contributi e apporti discorsivi”, ma “solo di ‘partecipare’, con una frase di dubbio gusto, ad un luogo comune altrettanto sgradevole, quello per cui la popolazione del Meridione sarebbe inferiore, per condizione sociale e culturale”. Insomma la signora Galli è rozza, è ignorante ma non è razzista. Questa sentenza, dunque, non consentirà a nessuno di qualificare questa esponente leghista come razzista, ma d’ora in poi definirla persona rozza e sgradevole che alimenta luoghi comuni intrisi di ignoranza servirà a far capire com’è fatta.

“Sapevo , come s’insegna anche ai bambini, che la legge non ammetta ignoranza invece con grande delusione noto che si assolve un soggetto giustificandolo , si ripete sempre che le sentenze non si discutono, si rispettano – prosegue l’avvocato Pisani, che denunciò la consigliera leghista e la fece condannare in primo grado – Ma non ci fermeremo davanti a questa sentenza, solleciteremo la procura generale a ricorrere in Cassazione e cercheremo giustizia in ogni sede giudiziaria per la tutela dei fondamentali principi e valori del nostro ordinamento e soprattutto della nostra vita. Anche davanti alla Corte europea dei diritti umani se necessario. Bisogna che si trovi un giudice che abbia il coraggio di non edulcorare questi comportamenti e questi linguaggi che a mio avviso – spiega Angelo Pisani – sono esempi illegittimi e pericolosi, denotano razzismo, pretesa superiorità di razze, che stanno mettendo a dura prova la tenuta democratica del Paese e stanno alimentando un clima di odio fuori e dentro gli stadi, con episodi inquietanti come sa ultimo l’attacco di ultras interisti a quelli napoletani con un morto e feriti. Insomma, la sentenza di Appello non può dire che questa signora è rozza, ignorante e sgradevole ma poi mandarla assolta”.