Nel 2018 il trattamento di 17,5 milioni di tonnellate di rifiuti differenziati ha generato ben 3,2 milioni di tonnellate di scarti, circa un quinto del totale raccolto. Non tutte le filiere però generano uguale quantità di scarti non riciclabili: per il vetro è il 14,8% del totale, per l’umido il 18,2%, per la carta il 22,6% mentre per alluminio e acciaio la percentuale supera di poco il 30%. Ma il dato più allarmante è quello sulla raccolta differenziata della plastica, che dallo studio è risultata generare, tra scarti di selezione e riciclo, oltre 778mila tonnellate di frazioni non riciclabili, pari al 66,3% del totale raccolto. Vale a dire che, secondo lo studio, di tutta la plastica raccolta in maniera differenziata, è stato effettivamente riciclato solo il 34%, un terzo appena.
Sono questi alcuni dei dati emersi da uno studio inedito commissionato da Ricicla.tv al Politecnico di Milano presentato durante la prima edizione del Green Symposium, svoltasi a Napoli in streaming.
Un report che scatta la fotografia di un Paese in affanno per lo smaltimento di tutti gli scarti che vengono fuori dalla lavorazione dei rifiuti differenziati. Una situazione che non si pone come la miglior premessa al recepimento delle direttive europee che hanno trasformato l’economia circolare in legge dello Stato italiano.
“Parlare di economia circolare ha senso se contestualizzata in un sistema industriale per la gestione dei rifiuti. Inutile continuare a negarlo – ha detto Giovanni Paone, del board scientifico del Symposium. – L’Italia ha bisogno di impianti, in particolare il sud. Pensare di risolvere tutto solo con la raccolta differenziata è pura fantasia. Inoltre, abbiamo la necessità di un sistema di filiera a carattere internazionale per negoziare le modalità di collocamento dei prodotti ottenuti dal recupero. Se viene meno uno di questi elementi, viene meno il concetto stesso di economia circolare. Chi ci governa dovrebbe cominciare seriamente a prendere atto della reale situazione del settore.
“A fronte di un aumento dei tassi di raccolta differenziata, i dati ufficiali indicano che in Campania i rifiuti organici raccolti corrispondono a circa il 50% delle raccolte differenziate e che solo il 16% di questi viene trattato in Regione, il resto viene trasportato in altri territori prima di trovare adeguato trattamento – ha aggiunto Elisabetta Perrotta, dg Fise Assoambiente – La scarsa dotazione di questi impianti spinge a una gestione del rifiuto urbano indifferenziato che prevede sempre il previo trattamento presso gli STIR e il successivo conferimento all’inceneritore o, in diversi casi, l’esportazione in altre regioni italiane. A scongiurare nuove emergenze nella Regione e ulteriori costi per la cittadinanza ci pensa l’impianto di termovalorizzazione di Acerra, un’eccellenza a livello europeo, che accoglie il 28% dei rifiuti prodotti in regione (circa 729mila tonnellate di rifiuti urbani), da cui vengono recuperati 666.595 mWh di energia elettrica. L’impianto costituisce un unicum per il Meridione, se si pensa che i quantitativi trattati ad Acerra rappresentano il 70% dei rifiuti complessivamente inceneriti al Sud”.
Il concetto emerso chiaramente è che, seppure le Regioni del Sud hanno imparato a differenziare bene raggiungendo standard di qualità, la raccolta differenziata è solo il primo passo verso la chiusura del cerchio. Lo ha ribadito anche il presidente CONAI, Luca Ruini: “Le percentuali di raccolta differenziata al sud hanno fatto un salto in avanti del 16% riducendo il divario con il nord. Mentre resta il gap, profondo, tra le infrastrutture esistenti tra le due parti del Paese. Con il recovery fund e gli investimenti previsti per rilanciare l’economia circolare, ci aspettiamo che anche il gap impiantistico possa essere recuperato. Noi siamo pronti a fare la nostra parte”.