Un pool di avvocati, collegati allo Studio legale Vizzino e Associati, ha inviato un esposto-diffida alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per segnalare il grave disagio morale, economico e professionale patito dagli operatori del diritto, essenzialmente avvocati e magistrati onorari, che si trovano ancora oggi, nonostante istanze, solleciti, proteste, a dover constatare la totale indifferenza nei loro confronti manifestata dalla assoluta inadeguatezza dei provvedimenti adottati in sede governativa e ministeriale a favorire la regolare ripresa dell’attività giudiziaria nella “fase 2” della gestione dell’emergenza epidemiologica Covid-19.
L’esposto evidenzia il mancato rispetto dei principi costituzionali del giusto processo e di quelli comunitari espressi dall’art. 6 CEDU da parte delle disposizioni inerenti agli uffici del giudice di pace, formulate nelle ultime 2-3 settimane nella Regione Campania e, in particolare, nel distretto della Corte di appello di Napoli. Inoltre si denuncia l’attuale paralisi delle cancellerie che, costrette a registrare una riduzione del personale di circa il 70%, si trovano, oggi, a gestire consueti e nuovi arretrati, formatisi nella fase di blocco e di smartworking, oltre che un numero, mai visto prima, di rinvii, nonché innumerevoli richieste a mezzo pec inerenti le prenotazioni per gli incombenti connessi alle attività giudiziarie (essenzialmente costituzioni in giudizio cui è necessario adempiere tempestivamente, viste le incertezze circa le date di udienza). Per giunta gli esponenti evidenziano che al Sud, laddove fisiologicamente, per la natura e l’oggetto delle vertenze e per costume degli utenti-cittadini, non riesce ad affermarsi un’attività di consulenza legale stragiudiziale, limitare, fino alla paralisi, l’attività contenziosa, che si esplica prevalentemente presso i giudici di pace, ove si concentra circa il 70 % dei processi, significa mortificare, fino quasi ad annientare, nell’immagine, nella dignità professionale, nonché sotto il profilo economico, un nutrito numero di avvocati. A tal riguardo il comitato scientifico dell’associazione “Il Tribunale del Dolore”, presieduto dal dott. prof. Paolino Cantalupo, psichiatra, ha registrato e valutato i segnali del crescente travaglio psichico di interi strati di popolazione, segnalando, tra l’altro, un aumento, largamente sottovalutato e invece impressionante, di sindromi depressive e ansiose nella categoria degli avvocati, soprattutto quelli meno abbienti e/o più giovani. Inoltre, alla luce della “riapertura” di pressoché tutte le attività, ci troviamo di fronte al paradosso che solo gli Uffici giudiziari resteranno sostanzialmente chiusi, ciò determinando un ulteriore forzato prolungamento della condizione di inattività dei lavoratori autonomi del comparto Giustizia (Avvocati e Giudici Onorari), con la evidente conseguenza, per questi, di trovarsi, per factum principis, nella impossibilità di produrre quel reddito sufficiente al sostentamento proprio e delle di loro famiglie.
A ciò si aggiunga che, a fronte della pressoché totale sospensione dell’attività giudiziaria decretata nello scorso marzo e, di fatto, della chiusura degli studi legali, giustificata dall’emergenza pandemica da Covid-19, per tutelare, durante la “fase 1”, il diritto alla salute degli Operatori del diritto e della clientela, in ossequio all’art. 32 Cost., manca ancora oggi un piano organico di organizzazione che possa comportare una effettiva ripresa del comparto Giustizia, non essendo stata preventivata ed assunta alcuna efficace misura per la c.d. “ripartenza” durante la “fase 2”. Prova ne è la situazione in cui si trovano ad operare avvocati e giudici, concretatasi, nella maggior parte dei casi, in rinvii delle udienze al periodo successivo alla c.d. “feriale”, se non addirittura al 2021: si assiste, dunque, alla prosecuzione di un “blocco” sostanziale dei processi. Ciò con tutte le conseguenze che si possono immaginare: ovverosia, quando si tornerà alla “normalità”, vi sarà un esorbitante aggravio per i ruoli dei magistrati, che si troveranno ancor più ingolfati da fascicoli da smaltire, dovendo affrontare, contemporaneamente, il “vecchio” e il “nuovo”.
La situazione di un prolungamento di questo stallo è, pertanto, riconducibile ad una grave e colpevole condotta omissiva perpetrata dal Ministero competente, con particolare riferimento alla “fase 2”, ed è tale da generare scenari drammatici e potenzialmente tragici, tanto da dover essere immediatamente risolta attraverso l’erogazione, da parte dello Stato, di un intervento che sia effettivamente di ausilio (non la “mancia” dei 600 euro) alle categorie in parola. Con l’esposto, quindi, si è, in primo luogo, fatta istanza agli organi di governo competenti affinché siano adottati con massima urgenza i provvedimenti idonei alla prosecuzione dell’attività giudiziaria, in condizioni di sicurezza e normalità, ed alla tutela dei diritti di rango costituzionale di cui la classe forense lamenta la grave ed inaccettabile lesione. Si è richiesto, altresì, una ripresa effettiva dei processi senza che la loro celebrazione sia affidata a surrogati manchevoli del presupposto essenziale di un effettivo contraddittorio, fino ad ora intravisti come unico, ma fallimentare, rimedio all’assenza di idonei provvedimenti governativi. In buona sostanza si è formalmente richiesto che il Ministero competente proceda, ad horas, alla messa in sicurezza degli edifici e degli ambienti in uso alla giurisdizione dei giudici di pace, ove si svolge la prevalente attività contenziosa in Campania, anche mediante protocolli di intesa tra il Ministero stesso e le amministrazioni locali cui appartengono la maggioranza degli uffici; ciò al fine di garantire l’immediata prosecuzione dell’attività giudiziaria che non può non avvenire in condizioni di normalità ed in perfetta osservanza delle indefettibili esigenze del rito, a tutela dei principi del giusto processo, prospettando la predisposizione di misure che, contemperate con il diritto alla pubblica incolumità, possano essere ossequiose del principio del giusto e celere processo e, dunque, garantire la celebrazione di almeno 20/30 udienze per giorno per ogni giudice di pace, eventualmente prolungando il consueto orario di udienza e sfruttando la fascia pomeridiana. Sul versante economico-finanziario si è, poi, richiesto di riconoscere ai giudici pace, oggi più che mai chiamati ad un immane sforzo organizzativo per lo smaltimento del contenzioso e degli arretrati, le adeguate tutele previdenziali e retributive, prevedendo un contributo mensile di non meno di euro 2.000,00, ovvero tendere alla loro stabilizzazione o, in subordine, quanto meno rinviare la entrata in vigore della tanto pregiudizievole e contestata riforma “Orlando”; di implementare il personale di cancelleria privilegiando coloro che vi abbiano titolo per aver partecipato a regolare concorso. Per quel che concerne il ceto forense, si è richiesto di intervenire a tutela degli Avvocati, garantendo loro il diritto al lavoro ed alla giusta retribuzione, in quanto, oggi, fortemente lesi dalla mancanza di seri provvedimenti diretti alla “ripresa” dell’attività professionale, restituendo ad essi la dignità ed il decoro che spetta loro; a tal fine si è, pertanto, anche domandato di provvedere urgentemente alla erogazione di adeguate misure di sostentamento economico, da determinarsi nella somma di non meno di euro 2.000,00 mensili, in favore anche degli studi professionali esclusi dalle precedenti disposizioni contributive, che, allo stato dell’arte, rischiano un vero e proprio tracollo finanziario e, sotto il profilo fiscale, di prevedersi agevolazioni, rinvii, rimborsi, parimenti a quanto disciplinato per altre categorie. In mancanza si è avvertito il Ministro della Giustizia p.t. che si provvederà a far valere la tutela dei diritti tutti delle indicate categorie – anche di carattere risarcitorio – nelle opportune sedi.