Fase 2, ripresa attività giudiziarie. Avvocati chiedono di prorogare la sospensione: “Nessuna tutela”

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La gestione della fase 2 dell’emergenza epidemiologica da Covid 19, che si riassume nel concetto di “riapertura”, suscita non poche perplessità in assenza di discipline omogenee e criteri certi cui ispirarsi perché non siano posti nel nulla i sacrifici umani ed economici richiesti durante i due mesi di blocco della maggior parte delle attività del Paese.
Quel che in questa sede maggiormente interessa ed invita ad una attenta riflessione, è la scarsa attenzione che le Istituzioni hanno mostrato per il settore della giustizia, dimenticandone l’amministrazione e lasciando agli organi di rappresentanza ed ai vari Tribunali la facoltà di regolamentare, con diversi protocolli di intesa, la modalità con le quali dare attuazione alla fase 2, quella della riapertura.
Senonché, gli operatori del diritto sanno bene che in assenza di disciplina organica, di criteri certi ed omogenei si rischia un vero e proprio attentato alla legalità ed in definitiva un diniego di giustizia a discapito non solo dei cittadini, ma anche di coloro che potrebbero vedere irrimediabilmente mortificato il senso intrinseco della professione scelta, quella forense.
La lente di ingrandimento per focalizzare tali scenari, è proiettata principalmente sui Tribunali del meridione, da sempre costretti a lavorare in condizioni maggiormente disagiate sotto più profili e, ancor più, sugli uffici del Giudice di Pace, che rappresentano una realtà, purtroppo, eccessivamente trascurata benché, in virtù delle sempre più ampie competenze sancite dall’art. 7 c.p.c., si trovino a gestire la maggior parte del contenzioso, soprattutto di natura risarcitoria.
E proprio con riferimento alla ripresa delle attività dinanzi ai Giudici di pace, un esame funditus della questione conduce a ritenere come l’apertura, allo stato, non sia in realtà attuabile, se non a condizioni estremamente lesive delle garanzie del contraddittorio e del giusto processo.
Guardando in modo particolare alla regione Campania, si osserva che, ad esempio per quel che concerne gli uffici del distretto della Corte di Appello di Napoli, in linea con la possibilità di avvalersi del processo telematico e della trattazione scritta per la celebrazione dei processi in Tribunale, il COA ed il Tribunale di Napoli hanno siglato protocollo di intesa il 28.04.2020 che prevederebbe le modalità con le quali consentire la prosecuzione dei processi e smaltire il contenzioso dinanzi ai Giudici di pace, prevedendo in sintesi che:
• per evitare assembramenti, le udienze si dovrebbero svolgere secondo turnazioni stabilite con la possibilità di ciascun giudice di trattare un numero massimo di 8 fascicoli nel giorno
• ci di potrà avvalere della trattazione scritta per le seguenti udienze:
1.1 prima udienza di comparizione previa istanza congiunta dei difensori;
1.2 udienza di precisazione delle conclusioni;
1.3 udienza di discussione orale;
1.4 udienze fissate per consentire trattative tra le parti;
1.5 udienze già rinviate ex artt. 181 e 309 c.p.c. a seguito della mancata comparizione delle parti (semplice dichiarazione di non voler partecipare);
1.6 udienze fissate per la discussione sulla istanza di sospensione: a) dell’efficacia esecutiva dell’atto di precetto ex art. 615 comma 1 c.p.c., b) della efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c., c) della ordinanza nei procedimenti previsti dal DLgs. n. 150 del 2011;
1.7 udienza di sospensione dell’esecutività della delibera condominiale
1.7 udienza di sospensione dell’esecutività della delibera condominiale;
Anche le procedure OSA potranno essere trattate con istanza per la cd. “trattazione scritta”, in mancanza saranno tutte rinviate a data successiva al 30.06.20 a meno che il Giudicante non ne ravvisi la somma urgenza.
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Le parti costituite possono presentare istanza congiunta (possibilmente evitare pluralità di messaggi) di trattazione scritta come prevista dall’art. 3 del protocollo siglato in data 28.04.2020, tra il COA ed il Tribunale di Napoli almeno 15 giorni prima dell’udienza.
Per poter procedere a tale richiesta è necessario che nel fascicolo d’ufficio siano presenti entrambe i fascicoli di parte. Questa privilegiata forma di trattazione dell’udienza non costituisce alcun obbligo per le parti ed i loro difensori, in quanto è finalizzata solo ed esclusivamente ad evitare uno slittamento certo dell’attività processuale.
La parte più “diligente” dovrà pertanto contattare la propria controparte per sollecitarla a mezzo PEC ad “un’istanza congiunta di trattazione scritta” unitamente alle proprie “deduzioni di udienza”, su foglio separato.
Entrambi i documenti (istanza congiunta di trattazione scritta e verbale di udienza) dovranno essere firmati in formato pades ed in subordine anche per via analogica, modalità non proprio suggerita al fine esclusivo di evitare scansioni che generino file di grandi dimensione (consigliati max5 mb).
L’avvocato che riceve l’istanza, procederà a controfirmare “l’istanza congiunta di trattazione scritta” nonché il foglio di “deduzioni di udienza” rispedendo i files al mittente.
Quest’ultimo pertanto (ovvero la parte diligente che ha dato impulso al procedimento) procederà ad inviare, almeno 15 giorni prima dell’udienza, una pec alla sezione della cancelleria ed alla controparte (a garanzia di quanto inviato in cancelleria) allegando:
1) L’istanza congiunta sottoscritta da tutte le parti;
2) Deduzioni di udienza di tutte le parti.
Nell’oggetto della pec da inviare alla cancelleria sarà utilizzata la seguente dicitura:
Oggetto : ISTANZA CONGIUNTA TRATTAZIONE SCRITTA – RG… E GIUDICE – UDIENZA DEL…
Per quanto riguarda gli adempimenti di cancelleria e la iscrizione a ruolo delle cause, le parti dovranno effettuare prenotazione a mezzo pec all’indirizzo di cui saranno dotate le cancellerie ed attendere conferma.

Quanto previsto è irragionevole e non praticabile sotto più profili.
• Innanzitutto, non si comprende il criterio con il quale si debbano scegliere i processi da trattare ovvero celebrare in udienza (si devono prediligere i più antichi ovvero i più urgenti? Sulla base di quali requisiti si determina l’ugenza?). Sta di fatto che, allo stato dell’arte ed a pochi giorni dalla “riapeurtura”, non sono state ancora fornite comunicazioni in ordine ai suddetti giudizi, la qual cosa, come è evidente, crea estrema incertezza e disagio organizzativo agli avvocati, nonchè pregiudizio alle parti rappresentate.
• In ogni caso è evidente che, per come è disciplinato il procedimento dinanzi al giudice di pace, la trattazione scritta appaia una deroga al regime che non fornisce le stesse garanzie e pregiudica grandemente il diritto di difesa delle parti, salvo in pochissimi casi in cui l’istruttoria sia da ritenersi essenzialmente documentale. Ma privilegiare tale fascia del contenzioso -nella quale vi rientrerebbero principalmente i giudizi in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, la cui attività di riscossione è però oggi sospesa- viola ingiustificatamente il principio di uguaglianza e lascia sforniti di tutela tutti gli altri diritti (essenzialmente connessi al risarcimento del danno) che alimentano la maggior parte del contenzioso.
• La scelta di ridurre al numero di soli 8 i fascicoli da trattare comporterebbe il rinvio ad un tempo lunghissimo (almeno due anni) di circa il 70-80% delle udienze che ogni giudice è solito celebrare al giorno, con la formazione di arretrati che potrebbero diventare ingestibili e con la concreta possibilità delle parti pregiudicate di accedere alla procedura di equa riparazione di cui alla legge Pinto. Vi sarebbe, così, certamente un grave danno al pagamento del quale lo Stato non potrebbe sottrarsi se effettivamente dovesse verificarsi l’ipotesi, che oggi concretamente si paventa, che non abbia proceduto a regolare la riapertura degli uffici giudiziari secondo criteri omogenei, confacenti alle concrete esigenze della Giustizia ed ispirati ai principii della legalità e dell’uguaglianza.
• Ancora, per quel che concerne i limiti della trattazione scritta occorre valutare che:
– Dinanzi al Giudice di pace, alle parti è consentito costituirsi fino alla prima udienza di comparizione. Al contrario di quanto avviene nel processo dinanzi al Tribunale, le parti possono costituirsi non solo depositando i documenti necessari in cancelleria, ma anche presentandoli direttamente al giudice nella prima udienza. Altresì, qualora si renda necessario in seguito alle eccezioni proposte, il giudice può fissare una udienza ex art. 320 comma 4 c.p.c per la produzione di ulteriori documenti e richieste di prova. Circa la rappresentanza, occorre considerare che le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce all’atto di citazione o in atto separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale. Possono anche stare in giudizio personalmente, se la causa non ecceda euro 1.100,00.
Ai sensi dell’art. 320 c.p.c., nella prima udienza di comparizione, il Giudice interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione.
Queste disposizioni, che sono quelle cardine, come è evidente appaiono del tutto incompatibili con la trattazione scritta, fuori udienza, la quale non garantisce in alcun modo un effettivo contraddittorio e dialogo tra le parti, nè, in definitiva, una adeguata difesa per i soggetti rappresentati.
Infatti, il rito, diversamente da quanto avviene nel processo dinanzi al Tribunale ai sensi del sesto comma dell’art. 183 c.pc., non prevede una “fase scritta” in cui le parti procedano allo scambio di memorie di precisazione delle domande, delle eccezioni, di repliche e deduzioni istruttorie, attraverso le quali si fissano il thema probandum e decidendum.
– Altresì, sarebbe inammissibile tale forma di trattazione per le O.S.A. (controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada di cui all’ articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) che, ai sensi Decreto legislativo n. 150 del 1° settembre 2011, sono regolate dal rito del lavoro il cui fulcro è l’udienza di discussione. Sotto il profilo che maggioremente interessa, ad evitare vizi di legittimità dell’applicazione delle norme, si deve imprescindibilmente considerare che in tali procedimenti, in udienza, il Giudice esaurita la discussione ORALE e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio, DANDO LETTURA DEL DISPOSITIVO e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. LA OMESSA LETTURA DEL DISPOSITIVO IN UDIENZA DETERMINA LA NULLITA’ DELLA SENTENZA (tale principio è stato ribadito di recente da da Cass. n. 4834 del 20 febbraio 2020.
• Inoltre, ragionando ancora di trattazione scritta, non si può non considerare la difficoltà/impossibilità di consultare i fascicoli in cancelleria perché non si riescono a fare previsioni sulle liste di attesa dopo la immaginata prenotazione a mezzo pec, considerati l’enorme volume di affari e la ben nota carenza di personale, di guisa che l’adempimento da effettuarsi in vista dell’udienza potrebbe essere possibile addirittura dopo la data della trattazione. E tali criticità non sono in alcun modo superabili, non essendo seriamente pensabile di mutuare disposizioni valide per il Tribunale, in quanto presso il Giudice di Pace di Napoli il processo telematico non è operativo e gli uffici non sono adeguatamente informatizzati, quindi i fascicoli e tutta la documentazione prodotta nel corso del processo sono esclusivamente cartacei.
• Nemmeno può conferirsi validità ad una scansione a mezzo pec della documentazione, per evidenti vizi di certificazione, forma e conformità, senza considerare che, secondo la legge sulla privacy, non potrebbero essere visionati e consultati, nemmeno dal personale di cancelleria, atti che contengano i dati sensibili delle parti, senza il consenso di queste.
• Ancora, merita rilevare che molto spesso gli incarichi vengono conferiti ai legali proprio a ridosso della prima udienza, con la conseguenza che la farraginosità e lungaggini degli incombenti, come previsti dal protocollo di intesa, non potrebbero garantire la tempestività della costituzione.
• Analoghe considerazioni possono farsi anche con riferimento alla fase della precisazione delle conclusioni ove il codice di rito prevede la discussione orale della causa, in contraddittorio, cui non può derogarsi con trattazione scritta perché tale forma, laddove disciplinata nel procedimento dinanzi al Tribunale, prevede di nuovo una fase più complessa in cui alla parti è consentito di presentare, oltre a quelle conclusionali, anche memorie di replica, previa consultazione del fascicolo telematico.
• Ulteriori e non meno rilevanti criticità si registrano allorché si consideri, sotto altra angolatura, la disparità di trattamento che verrebbe a crearsi tra i processi “ammessi” alla trattazione scritta per essersi raggiunto il consenso tra le parti e quelli esclusi perché le parti per strategia processuale preferiscono non aderirvi o semplicemente perché non possono aderirvi, per impossibilità di effettuare tempestiva costituzione o di prendere visione degli atti delle controparti per causa a loro non imputabile, ma riconducibile alle liste di attesa delle cancellerie.
• Conseguenza non peregrina di tutto quanto evidenziato sarebbe certamente anche il pregiudizio che subirebbe il rapporto fiduciario che lega la parte al proprio difensore e l’affidamento che la prima ripone nel secondo.
Ma vi è di più.
• I profili di irragionevolezza ed impraticabilità esaminati, pur se estremamente rilevanti, a ben vedere potrebbero rappresentare anche solo un minus rispetto al concreto rischio di produrre atti e provvedimenti inesorabilmente nulli/inesistenti sotto più aspetti.
• In primis, sappiamo bene che non è consentito modificare ovvero stravolgere completamente un rito processuale su accordo delle parti, né con protocolli di intesa; inoltre gli eventuali provvedimenti del giudice sarebbero affetti da vizio di inesistenza in difetto di una effettiva udienza e del relativo processo verbale. Infatti, in Tribunale, la trattazione telematica, ammessa in quanto si dispone di PCT, non sostituisce mai la effettiva celebrazione dell’udienza, con tutte le garanzie processuali del caso relativamente alla difesa ed al contraddittorio.
• Le disposizioni del protocollo di intesa appaiono pregiudizievoli e poco garantiste anche se le si analizza dalla prospettiva degli uffici di cancelleria e dei Giudici di Pace.
• Per i primi, il rischio è quello di un ulteriore ingolfamento delle attività per l’impossibilità di gestire ed organizzare le innumerevoli richieste destinate a pervenire a mezzo pec, vista anche la nebulosità dei criteri con i quali effettuare i calendari (ordine di ricevimento della pec, urgenza del provvedimento richiesto? Come si determina l’urgenza?) e considerata la necessità, con penuria di risorse umane e contingente riduzione del personale, di attendere anche ai normali incombenti ed agli arretrati accumulati nei periodi di emergenza pandemica.
A tal proposito si deve evidenziare che, allo stato, le cancellerie registrano una riduzione di circa il 70% del personale.
• Per quel che concerne i Giudici di pace, viene subito in evidenza che gli stessi sarebbero costretti ad operare in condizioni ancor più precarie (il sistema SIGP non è in grado di consentire la gestione dei processi da remoto e la trattazione scritta, per quanto prima osservato, non è via praticabile) ed in assenza di tutela assistenziale, previdenziale, retributiva in un momento storico ancora difficile e ove certamente il rischio di contagio epidemico non può ritenersi certo superato.
Ma il rischio di contagio non lascia immune alcun operatore del diritto.
E’ proprio del 4 maggio 2020 la notizia di nuovi contagi da coronavirus presso il Tribunale di Napoli che riguarderebbero un GIP e, sembrerebbe, anche un cancelliere, la qual cosa ha importato la chiusura degli uffici e la sospensione dell’attività per consentire le opere di sanificazione.
Poco consono, ancor più oggi, a fronte del rischio richiesto, sarebbe sicuramente il trattamento economico, laddove non si deve dimenticare che i suddetti magistrati onorari, mai stabilizzati nonostante legittime e giustificate istanze e proteste, vengono pagati a cottimo (i Giudici di Pace) o solo con un misero gettone (di € 98 a udienza senza alcun compenso per la redazione dei provvedimenti, per i GOT): la riduzione così drastica del numero dei fascicoli da trattare ed istruire comporterebbe enormi perdite, senza considerare che la trattazione scritta fuori udienza li priverebbe della possibilità di vedersi liquidare l’indennizzo di presenza, benchè l’attvità istruttoria e giudicante debba continuare ad essere svolta.
• Inoltre, la ripresa in questi termini, come innanzi già detto, procrastinerebbe per un lasso di tempo non ragionevole la decisione dei processi, visti i lunghi e numerosissimi rinvii che si possono prevedere. Ciò ad aggravare ancor più l’annosa problematica che concerne lo smaltimento degli arretrati, cui in questo periodo non si è potuto certamente far fronte per la chiusura degli uffici e la riduzione del personale operante nelle cancellerie. Ed invero, seppure decise, molte sentenze non sono state ancora pubblicate per l’enorme carico di lavoro accumulato dalle cancellerie a causa delle restrizioni disposte delle autorità e della riduzione del personale operativo cui già si è detto.
Ed allora appare evidente che, dalla prospettiva di tutti quelli che si trovano a dover prestare l’attività professionale presso gli uffici del giudice di pace, la riapertura non è data per possibile se non in condizioni di normalità.
Ma la normalità che doveva garantirsi e per la quale le Istituzioni in questi due mesi di blocco avrebbero dovuto lavorare, non c’è, perché non sono mai state gestite ed affrontate le numerose problematiche gestionali ed organizzative che attanagliano gli uffici del Giudice di Pace e che vanno dalla inagibilità e insalubrità degli ambienti, alle ridotte dimensioni delle aule, alla carenza di personale, alla carenza di controlli e presidii di forze dell’ordine, soprattutto in alcuni uffici periferici. Circostanze queste tutte che non consentono di lavorare in condizioni di sicurezza e soprattutto nel rispetto delle distanze minime ritenute imprescindibili al fine di evitare la diffusione del contagio da Covid 19.
A ciò si aggiunga che allo stato non c’è un protocollo igienico sanitario del Dirigente Amministrativo. Mancano altresì: certificazioni di opere di sanificazione che dovrebbero essere ripetute nel tempo, dotazione di sistemi di igienizzazione quotidiana (saponi, disinfettanti etc), o, come sarebbe stato auspicabile, messa a disposizione di ulteriori ambienti ove celebrare le udienze in sicurezza.
In questo senso, prima procedere alla riapertura degli uffici ed alla ripresa dell’attività consentendo l’accesso agli operatori del diritto, sarebbe necessario e doveroso effettuare accertamenti tecnici sui luoghi ed esame di agibilità delle strutture, fornendo all’esito idonea certificazione per la incolumità di tutti.
Dunque, se come è evidente non vi sono alternative valide e garantistiche di celebrazione dei processi dinanzi al Giudice di Pace e la “normalità”- il rispetto del rito- che sarebbe l’unica via percorribile, negli angusti uffici implica inevitabilmente “assembramento”, a tutela della legalità e della salute di magistrati, avvocati, cancellieri, l’unica soluzione praticabile è quella della sospensione delle attività almeno fino al 30 giugno 2020, al fine di procedere ad una seria riorganizzazione degli uffici e programmazione reale delle attività dei magistrati come degli avvocati. Questo è l’unico modo per non paralizzare la Giustizia, perché una finta riapertura, come quella ipotizzata, creerebbe rallentamenti e disfunzioni non recuperabili.
• In questo tempo, invero, i Magistrati onorari potrebbero continuare a gestire i monitori e depositare i numerosi provvedimenti trattenuti in decisione o in riserva anche nei periodi non compresi nella sospensione straordinaria.
• Per il lavoro da portare a termine nell’interesse della giustizia e per dare tempi certi al riconoscimento dei diritti, dovrebbe prevedersi per questo periodo una seria indennità in favore dei Giudici di pace. Non bisogna, infatti, trascurare di considerare che, in questo momento, con evidente disparità di trattamento, i giudici onorari sono stati lasciati privi di emolumenti, essendo stato concesso (solo sulla carta) un obolo di € 600,00 per l’epidemia in corso.
• -Gli avvocati potrebbero riorganizzare i propri studi, considerando l’effettivo volume di affari: a tal riguardo, bisogna porre all’attenzione un dato estremamente grave e cioè che, durante il periodo di sospensione ed in assenza di adeguate misure contributive per molti professionisti, titolari di studi con praticanti, dipendenti e collaboratori, vi sono state significative perdite economiche che hanno costretto moltissimi di loro a far cessare rapporti profesissionli con la conseguenza che oggi molti collaboratori (rectius ex collaboratori) si trovano privi di entrate, o con entrate di gran lunga ridotte. Si aggiunga, poi, che la trattazione scritta e la diminuzione delle attività ovvero la impossibilità di portare a compimento gli incarichi in tempi certi, costringerebbero i titolari dei suddetti studi a fare tagli ancora maggiori.
• Allora, affinché la giustizia continui ad essere praticata con onore e decoro dalla classe forense, altresì si chiedono espressamente e si auspicano interventi di sostegno economico per gli studi professionali che operano a tutti gli effetti come impresa, soprattutto a tutela dei collaboratori.
• A contempo si chiede l’abolizione/sospensione delle tasse e dei contributi per un anno, ovvero una riduzione del 20% (come avviene in molti altri paese d’oltralpe) per consentire la ripresa economica degli studi.
• Altresì, occorrerebbe informatizzare il processo anche dinanzi ai Giudici di pace. Per quel che concerne la celebrazione dei processi da remoto deve immediatamente precisarsi che essa non potrà, comunque, assurger mai a regola, essendo auspicata solo per gestire una fase emergenziale. Essa infatti non garantisce pienamente le esigenze del contraddittorio ed il dialogo delle parti che deve necessariamente avvenire in udienza dinanzi all’Autorità Giudiziaria, oltre a rallentare la trattazione della causa ed allungare la durata dei processi. Senza considerare la violazione della privacy, facendo ingresso videomacamere in studi professionali o in abitazioni private.
Solo qualora –per ragioni in realtà non comprensibili- si dovesse ritenere non auspicabile la proroga della sospensione, allora sarà fondamentale individuare, per la celebrazione dei processi, modalità differenti rispetto a quelle ipotizzate che, per quanto detto, sono elusive della procedura recata nel codice di rito.
• Premesse indefettibili la messa in sicurezza degli ambienti e l’adozione di ogni dispositivo di protezione ed, altresì, l’illegittimità della trattazione scritta, l’unica soluzione concretamente attuabile sarebbe quella di aumentare il numero dei processi che il protocollo di intesa vorrebbe assegnare a ciascun giudice, prevedere turni più lunghi e la possibilità di celebrare udienze fino a tutto il mese di luglio 2020.
• Si dovranno riconoscere le dovute e giuste indennità ai giudici di pace e, soprattutto, per evitare la paralisi della Giustizia, occorrerà aumentare il numero di presenze annue retribuite. Esse oggi sono 110, ed è evidente che tale numero non è idoneo alla gestione ed allo smaltimento del contenzioso in un momento in cui l’emergenza pandemica non può ritenersi cessata e la celebrazione delle udienze debba subire le limitazione giustificate dall’esigenza di tutelare la pubblica incolumità,
• Altresì, principalmente in questa fase, per assicurare e garantire la funzione giurisdizionale e visto l’enorme carico di lavoro che si trovano a dover gestire, dovrebbero essere riviste le scarse tutele che vengono apprestate ai Giudici di Pace- che versano in uno stato stato di precariato- e tendere alla loro stabilizzazione.
• In ogni caso, in questo momento ancora emergenziale ed incerto, dovrebbe prorogarsi l’entrata in vigore della riforma Orlando, che, come ben noto, sotto più profili è tacciata di incostituzionalità. Essa, per quel che ora maggiormenre merita di essere attenzionato, è estremamente censurabile e pregiudizievole laddove prevede l’abolizione dell’indennità di sentenza ed il riconoscimento dell’importo irrisorio di euro 600,00 omnia al mese! Il tutto a fronte delle aumentate competenze ed incombenze lavorative cui sono chiamati i Giudici di Pace che gestiscono circa il 50% del contenzioso.
• Per quanto riguarda gli adempimenti di cancelleria, occorrerà incrementare il personale, privilegiando coloro che abbiano effettuato un concorso pubblico in luogo degli LSU e fissare orari di apertura più lunghi.
• Al contempo bisognerebbe creare e rafforzare i presidi della forza pubblica all’ingresso degli Uffici giudiziari.
• Con riferimento al criterio di regolamentazione degli accessi, sarebbe opportuno fissare calendari secondo ordine alfabetico, anche per consentire agli avvocati una basilare programmazione delle attività e delle scadenze.
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Alla luce di tutte le osservazioni che precedono,
si chiede
una immediata revisione delle disposizioni atte a regolamentare la prosecuzione dell’attività giudiziaria in particolare dinanzi ai Giudici di Pace ed a tale uopo disporne la sospesione almeno fino al 30 giugno 2020.
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Al contempo si manifesta con urgenza l’esigenza di :
● prima di consentire qualsoglia attività, procedere a verifica tecnica dei locali e della salubrità degli ambienti degli uffici giudiziari ed in particolare di quelli del Giudice di Pace, acquisendo le idonee certificazioni, a tutela della pubblica incolumità;
● valutare con estremo rigore, a garanzia della legalità, le disposizioni inerenti alla celebrazione dei processi in modo difforme da quanto stabilto dal codice di rito, con particolare riguardo alla ipotizzata trattazione scritta dei processi dinanzi ai Giudici di Pace, ed effettuare un giudizio di compatibilità/legittimità rispetto ai principi costituzionali a tutela del giusto processo di cui agli artt. 2, 3, 24 e 111 della Costituzione, nonchè rispetto a quanto sancito dall’art. 6 CEDU che, come ben noto, riconosce ad ogni individuo, per la difesa della propria persona, o del proprio patrimonio, la garanzia di un equo processo o, altrimenti detto, di una buona giustizia. (“ ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta …)
Sul punto dobbiamo rammentare a noi stessi che, secondo la chiara giurisprudenza della Corte di Strasburgo, uno Stato deve consentire l’accesso ad un tribunale a chiunque sollevi un ricorso che rientri nel campo di applicazione dell’Articolo 6 e non può limitare tale accesso a certe categorie di persone. Inoltre, la Corte ha, altresì, affermato che la lentezza eccessiva della giustizia rappresenta un grande pericolo, soprattutto per uno Stato di diritto.
Dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, dunque, emerge chiaramente quale siano i dettami da seguire per garantire la corretta applicazione del dettato dell’articolo 6.
In primis, dovrà essere garantito alla parte in causa il principio di uguaglianza delle armi e del contraddittorio.
Ciò implica “l’obbligazione di offrire a ciascuna parte una ragionevole possibilità di presentare la propria causa in condizioni che non la mettano in una situazione di netto svantaggio rispetto al proprio avversario” ed inoltre la possibilità di accedere ai documenti per garantire il contraddittorio.
Fondamentale, oltre al rispetto dei diritti di difesa, sono il diritto ad una giustificazione chiara e precisa del giudicato, la lealtà nell’amministrazione delle prove, il diritto di essere presente in persona e il diritto di non essere costretto a testimoniare contro se stesso.

Si domanda altresì di voler:
● Sostenere l’attività degli studi professionali e dei magistrati onorari, chiamati ad operare nel delicato settore della giustizia, prevedendo idonee fome contributive e, sotto il profilo fiscale, agevolazioni, rinvii, rimborsi parimenti a quanto disciplinato per altre categorie.