A Napoli la seconda Guerra mondiale aveva devastato le famiglie mettendo in ginocchio una città già prostrata dalla povertà. E le macerie dei bombardamenti si trascinarono dietro desolazione e cinismo, inevitabili conseguenze nei rapporti umani. È da questa città distrutta del dopoguerra che prende spunto la vicenda narrata da Vincenzo Esposito, vice redattore capo del «Corriere del Mezzogiorno», nel suo romanzo d’esordio «Il fratello minore», edito da Homo Scrivens, presentato nella Chiesa di San Severo al Pendino in via Duomo con l’editore Aldo Putignano, il direttore del «Roma» Antonio Sasso, la giornalista Ida Palisi e Serena Venditto. Protagonista del thriller psicologico è Marcello Narducci, ex soldato che «vanta» tra i ricordi anche le Quattro Giornate, un quarantatreenne che fa il giornalista, ma forse non vorrebbe fare questo lavoro. Per lui le notizie sono accidenti del destino in giornate che potrebbe trascorrere tranquillo coi piedi sulla scrivania. I sentimenti? Un’opzione non desiderata. In una città che a fatica si sta riprendendo dalle vicende belliche, si ritrova catapultato all’improvviso a fare il cronista del «Roma» e un giorno, suo malgrado, eccolo alle prese con l’omicidio di un’intera famiglia nel cuore di Napoli. Gli si risveglia così la vocazione per la notizia e la scoperta della verità fra amicizie, complicità e rivalità. L’indagine lo porterà a scoprire un fratello mai conosciuto, morto nella Grande Guerra.
In sala tantissimi amici, compagni di viaggio di Esposito, giornalisti che con lui hanno condiviso gli esordi della professione e che oggi si rivedono nei capitoli del libro. In quei riferimenti a un modello di professione che non c’è più, ma che ha consentito negli anni a rapporti di lavoro di trasformarsi in rapporti d’amicizia.