Il monito del cardinale Crescenzio Sepe alla messa del Carmine in piazza Mercato

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“Ancora sangue per le strade e nelle case, anche di vittime innocenti, alle cui famiglie va la mia vicinanza e il mio profondo cordoglio. Si ripetono casi raccapriccianti, dolorosi e preoccupanti di una violenza che a volte è di natura patologica, ma spesso è purtroppo, provocata da una delinquenza, organizzata o meno che sia, che vede come protagonisti non pochi giovani”. Lo scrive in una nota il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli prima di celebrare la messa per la Madonna del Carmine in piazza Mercato. Abituale appuntamento atteso dai fedeli.
“E’ il volto di una Città offesa e sofferente che meriterebbe ben altra considerazione sul proscenio nazionale e internazionale per la sua storia, la sua ricchezza culturale, le sue grandi risorse umane, professionali e lavorative, per le tantissime eccellenze, e invece si trova ad essere ingiustamente e ingenerosamente umiliata e commiserata se non vituperata e condannata. Si dirà – e si può anche convenire – che si tratta delle tante emergenze proprie di una grande metropoli, ma è innegabile che la criminalità ha il suo peso, fa paura, rende insicuri, scoraggia visitatori e investitori Da qui una povertà e una disoccupazione, che, al di là della crisi economica generale, stanno diventando strutturali, fiaccando la resistenza, l’impegno e il coraggio delle tante forze sane presenti nella popolazione, nonché la tenuta e la sopravvivenza di molte famiglie, la capacità reattiva delle comunità territoriali”, secondo Sepe. “Le responsabilità ci sono a appartengono a tutti, a partire dalla Chiesa ma anche le istituzioni e i singoli cittadini sono chiamati in causa. Tutti dobbiamo avere il coraggio di saper vedere e capire, saper ascoltare e saper denunciare quando è necessario. Gli stessi cosiddetti casi di depressione hanno in qualche modo una loro matrice sociale che non va trascurata, perché troppi “malati” partono da uno stato di sfiducia e di disperazione per finire nella cosiddetta depressione e i “colpiti” finiscono sulle spalle dei familiari, i quali fanno il massimo dal punto di vista umano e affettivo, diventando talvolta vittime innocenti non di un congiunto ma di un problema che appartiene all’intera società”. “Bisogna, dunque, darsi da fare e occorre fare presto, perché é in gioco il futuro di tutti. E’ una grande sfida e noi per primi dobbiamo metterci in gioco, dobbiamo lasciarci “contaminare” dai problemi altrui, facendo capire e dimostrando che cambiare, migliorare è possibile, in termini di rispetto della persona e della legge, in termini di sviluppo e di crescita civile. Ma dobbiamo fare rete e combattere l’indifferenza o la negligenza o l’incapacità di qualcuno. Dobbiamo far capire e affermare che il bene comune viene prima di quello personale o di parte e che ci si può ritenere buoni cristiani soltanto se si è anche buoni cittadini, pronti a tendere la mano al fratello che sta ai margini della strada. Napoli è come un libro meraviglioso del quale ci sono ancora tante belle pagine da scrivere e non con il sangue ma con il sudore della fronte”, conclude Sepe.