Nei prossimi anni, in Italia, ci vorranno più medici e dunque i calcoli del Ministero su quanti studenti possono avere accesso ai corsi di Laurea sono errati. E’ questo, in parole semplici, il contenuto della pronuncia cautelare del Consiglio di Stato che ha accolto gli appelli promossi dallo studio legale Leone-Fell di Palermo con il patrocinio degli avvocati Vaiano e Vergerio nei quali si evidenziava la discrasia esistente tra il numero dei posti banditi dal Miur per l’accesso ai corsi di laurea in medicina e il fabbisogno italiano di camici bianchi.
I giudici, chiamati a esprimersi per un migliaio di studenti che hanno deciso di non accettare il responso del test di ammissione per Medicina e Odontoiatria, hanno accolto la tesi dei legali che contestavano la corretta determinazione dei posti messi a bando dal Miur, enunciando in maniera ampia e approfondita i principi ai quali il Ministero avrebbe dovuto e dovrà a tal fine attenersi.
Una notizia positiva non solo per i ricorrenti del test svolto nel 2017, ma anche per quelli che nel 2018 hanno provato ad entrare a far parte degli aspiranti medici e che si accingono a fare ricorso.
Per i Giudici, in particolare, è necessaria «una realistica ed accurata proiezione previsionale circa il fabbisogno di medici nelle varie specialità per gli anni a seguire, anche al fine di scongiurare le prevedibili (e previste) prossime carenze del numero dei medici, pari a quelle in atto nel numero di infermieri del SSN» e « l’ovvia conseguenza, per avere disatteso tali criteri e indicazioni, non potrebbe dunque essere diversa da quella ipotizzata nella originaria domanda proposta dai ricorrenti, secondo cui il numero degli studenti da ammettere per l’anno accademico in riferimento è sensibilmente (ed indiscutibilmente) maggiore di quello calcolato negli atti impugnati ».
Ai posti inizialmente banditi dal Ministero (9.100 unità) dovranno aggiungersi, quindi, sia quelli derivanti dal (ri)calcolo del numero di studenti in corso in regola con gli esami da sostenere per ciascun anno accademico, sia quelli banditi per gli studenti extracomunitari, ma non utilizzati.
“La vera svolta – aggiungono i legali Francesco Leone e Simona Fell – è che il Consiglio di Stato ha esteso la ricognizione dei posti considerando anche gli iscritti agli ordini professionali che, di fatto, non esercitano l’attività sanitaria nelle strutture pubbliche o private. Inoltre, questa pronuncia è molto importante anche in prospettiva futura, per gli studenti che hanno partecipato al test del 2018 e che si accingono a contestare la mancata ammissione”.
“Questa storica pronuncia – spiegano i legali- dovrebbe fare suonare un campanello di allarme al Ministero in quanto i Giudici amministrativi vogliono vederci chiaro sulle modalità di calcolo dei posti messi a bando per i test di accesso a numero programmato. È ormai noto che il numero di posti messi a bando non copre il fabbisogno di medici del Sistema sanitario nazionale e, pertanto, non usufruire dei posti non assegnati non solo lede il diritto allo studio, ma è addirittura controproducente per l’intero sistema.
Il Consiglio di Stato ha chiarito con precisione mirabile quali sono i criteri ai quali il MIUR avrebbe dovuto attenersi nell’individuare i posti da mettere a bando, concludendo nel senso che il numero degli studenti da ammettere per l’anno accademico in riferimento è sensibilmente (ed indiscutibilmente) maggiore di quello calcolato negli atti impugnati”.
Infatti, dalla ricognizione che effettuerà nelle prossime settimane il Ministero si attendono migliaia di posti che gli aspiranti camici bianchi potranno utilizzare per immatricolarsi.