Era inimmaginablie che una squadra colpita così pesantemente dal Covid (Zielinski, Elmas, Fabian Ruiz, Osimhen, Koulibaly, Ghoulam, Hysaj, Rahmani), travolta dagli infortuni (Mertens, Osimhen, Rahmani, Petagna, Ospina, Demme e Insigne), che ha sfoltito la rosa privandosi due attaccanti (Milik e Llorente) e di un difensore (Malcuit), potesse arrivare a questo punto della stagione indenne e priva di criticità .
Nel film degli orrori della partita di Bergamo, in cui si salvano solo il gol di Zielinsky e l’impegno di Politano, l’ennesimo spavento per la capocciata al suolo di Osimhen, ricoverato nella notte a Bergamo e poi dimesso, ma che non ricorda nulla di ciò che è accaduto.
All’elenco degli accidenti occorsi alla squadra bisogna aggiungere la miastenia che ha colpito Gattuso a dicembre e che è andata avanti per più di un mese.
Chi prescinde da questa premessa o in malafede oppure non ha nessuna voglia di guardare in faccia la realtà .
Il lavoro dello staff azzurro guidato dal tecnico, che deve costruire una squadra attraverso la sua identità , inculcando filosofia di gioco e geometrie, è messo nelle condizioni peggiori, eppure il Napoli è rimasto a galla fino ad ora. Ma adesso è saltato tutto.
Giovedì nella gara di ritorno col Granada il Napoli è chiamato a compiere un’impresa. Giocare ogni tre giorni significa allenarsi poco e male, oggi l’unica cosa che occorrerebbe alla squadra sarebbe proprio riuscire ad allenarsi con normalità . Un miraggio. E c’è chi soffia sul foco delle polemiche, chi vorrebbe crocifiggere Gattuso,  un allenatore che per otto partite ha avuto in rosa un solo attaccante, Petagna, e ha stretto i denti senza fare una piega. Ora gli hanno tappato la bocca, un silenzio stampa pieno di rabbia, mette il sigillo alla fine di un rapporto, mai veramente sbocciato, tra allenatore e presidente.