Ntf 2017, in scena “Le serve” di Genet, i versi di Al-Masri e la musica “eco-sostenibile” di Capone

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Due sorelle, entrambe cameriere al servizio della ricca Madame, ogni volta che la signora non c’è, allestiscono un ossessivo teatrino in cui a turno giocano a interpretare Madame, indossando i suoi abiti. Inizia così una favola noir che confonde realtà e finzione.
“Le serve” di Jean Genet, riscritto e diretto da Antonio Capuano è lo spettacolo messo in scena al teatro Sannazaro per il Napoli teatro festival.
Atto unico di Jean Genet scritto nel 1946, è una commedia tragica e violenta, liberamente ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto nel febbraio del 1933 a Le Mans, in Francia e riadattata in napoletano.
Le due sorelle interpretate da Gea Martire e Teresa Saponangelo, attraverso la farsa quotidiana e il gioco delle parti, sfogano tutto il loro rancore fino a vendicarsi di Madame.

A Palazzo Cellamare è andato in scena Anime scalze, un viaggio a più voci e in più lingue, nel mondo della poetessa e scrittrice siriana Maram Al Masri.
Nata sulle rive del Mediterraneo, all’età di vent’anni si trasferisce a Parigi, dove tutt’ora vive in esilio. Autrice di componimenti amorosi brevi che fanno pensare a Saffo ha incontrato il pubblico nel giardino romantico di palazzo reale durante il quale ha parlato del rapporto tra scrittura, politica e condizione femminile.
Anime Scalze è la voce di una donna che vive il suo stare al mondo con un senso di dolore e di chiusura; una donna che nei versi di Maram. Al-Masri trova una via d’uscita e dinanzi ad essi si inchina come un’anima scalza.
La regia, voce narrante e coordinatrice del progetto è di Sara Bertelà.

Un musical fuori dagli schemi è andato in scena invece in piazza del Gesù: Mozzarella _N_I_G_G_A_ Urban Musical, un concerto realizzato con strumenti ricavati da rifiuti solidi urbani.
I brani, tratti dall’ultimo album dei Capone BungtBangt, hanno dato vita ad uno spettacolo energetico e tribale di musica, canzoni e movimento.
Mozzarella Nigga è l’espressione utilizzata per offendere gli emigranti italiani che negli anni ’50 sbarcarono negli Stati Uniti; perfetta, secondo Capone, per descrivere le contraddizioni che ancora inquinano la nostra società.