Sala piena al Centro Studi della Clinica “Ruesch” di Napoli – viale Maria Cristina di Savoia N.39, dove si è tenuto il convegno dal titolo “La Rigenerazione in Ortopedia 2.0”, a cura del Prof. Rinaldo Giancola, che ha sviscerato in ambito ortopedico le nuove interventistiche rispetto alla rottura del femore, un problema sempre più sentito in virtù dell’invecchiamento della popolazione, con notevoli costi sul SSN italiano e in termini di “peso” per i pazienti colpiti e per le loro famiglie.
Da qui le esigenze di intervenire in modo mirato e risolutivo in tempi brevi, dando al paziente la possibilità di tornare in piedi a 5 ore dall’operazione chirurgica, senza ricorrere necessariamente all’impianto protesico. Il tutto muovendosi però in un sistema legislativo ancora nebuloso.
Il Convegno rientra tra le iniziative per il Centenario di fondazione della Clinica “Ruesch”, sempre più improntata all’innovazione e alla rigenerazione: “L’evento ospitato si colloca nel centenario, appunto, e fa parte di un più profondo progetto relativo all’ortopedia che è una branca primaria per noi”, spiega il Dott. Francesco Merlino, Direttore Generale della Clinica, “c’è una domanda in questo campo, bisognosa di una risposta e il nostro obiettivo è quello individuare l’offerta più appropriata in termini di cura e di prevenzione, come del resto facciamo in tutte le branche della medicina della nostra Clinica, mirando a coniugare le eccellenze in campo medico con percorsi e tecnologie di avanguardia per garantire performance sempre migliori ai nostri pazienti, che sono al centro della nostra attenzione”. Nello specifico della materia, l’incontro, rivolto ad Ortopedici, Reumatologi e Fisiatri, Fisioterapisti, ha approfondito tutte le problematiche relative alla patologia del femore e al suo trattamento. Responsabile scientifico della giornata, il Prof. Giancola, già primario dell’Ospedale S. Carlo di Milano e past presidente dell’AITOG – Associazione italiana di traumatologia e ortopedia geriatrica, ad oggi Dirigente ortopedico: “La rigenerazione è meglio della sostituzione”, afferma Giancola, “il messaggio è che è meglio cercare di prevenire e rigenerare e solo eventualmente sostituire. La medicina rigenerativa è importante per noi ortopedici, che possiamo intervenire in vari modi, per quanto riguarda la femoroplastica, ossia il rinforzo del femore, compreso l’utilizzo, in ortopedia, di sostanze biologico-naturali autologhe, che vengono dal sangue, come il concentrato piastrinico e midollare, e il tessuto adiposo e di sostanze di sintesi, come il cemento biologico. Con queste metodiche evitiamo la degenerazione del tessuto: se guardiamo ai costi di un intervento, la sostituzione è più invasiva e i costi non solo solo economici ma anche rispetto al dolore dell’intervento e del post operatorio, penso alla degenza e ai costi morali, e non dimentichiamo che trattiamo il paziente, e l’obiettivo è dare meno sofferenza possibile ed evitare l’intervento. Su 100 pazienti operati, inoltre, il 30% muore, il 30% userà il bastone e solo il 40% avrà una vita normale. Noi vogliamo quindi evitare la frattura, usando due dati predittivi: la MOC – osteoporosi e l’età. Se si uniscono questi due dati, la probabilità di rottura del femore è alta perché il femore è fragile. Ecco, in questi casi si può intervenire con un intervento mini invasivo preventivo. È qualcosa di straordinario, quanto sconosciuto rispetto alla patologia; basti pensare che la frattura del femore dà la stessa mortalità del tumore alla mammella”. Tra i relatori, il Prof. Carlo Ruosi, Presidente AITOG: “La frattura del collo femore è un problema sociale, per gli over 65. L’osteoporosi è una malattia silenziosa: solo per il collo femore ci sono 100.000 casi nuovi l’anno in Italia, in aumento. È facile pensare che i costi non sono solo per l’intervento ma anche per la rieducazione e il reinserimento. Perciò bisogna sensibilizzare sui controlli perché all’inizio non c’è sintomatologia e oltre ai controlli, diventano poi fondamentali gli stili di vita in chi è a rischio. Ed è importante dunque fare informazione in questo senso”. Particolarmente importante l’intervento del Prof. Carlo Ventura, Ordinario di Biologia Molecolare, Università di Bologna: “Si è cercato per tanti anni di trapiantare le cellule staminali così come erano, poi si è provato a condizionarle prima del trapianto. La ricerca scientifica negli ultimi 10 anni ha però dimostrato che le cellule, anche le staminali, producono segnali meccanici, elettrici e luminosi. Il concetto è che possiamo decifrare le caratteristiche delle cellule, raggiungere le staminali, riprogrammandole: non c’è bisogno del trapianto ma possiamo usare le nostre cellule lì dove sono, con una medicina rigenerativa e di precisone”. Intervento conclusivo a cura dell’avvocato Stefano Fiorentino: “La cosa importante è che con la medicina rigenerativa non si induce la rigenerazione ma aiutiamo il corpo a fare auto-rigenerazione. Ci muoviamo perciò in un ambito innovativo, non sperimentale, cioè in un’area a metà tra consolidata e sperimentata: è innovativa. Ora, dal punto di vista legale la questione è: quando il medico sceglie le terapie su quale base le sceglie? Sulla base dell’analisi del rischio, come da legge Gelli del 2017 per le responsabilità del medico: l’errore è umano, ma bisogna capire come evitare che l’errore diventi un evento avverso per il paziente. Lo si fa attraverso la ricerca, il consenso informato, la terapia. In dettaglio, poi con la devolution sanitaria ogni regione si organizza in maniera diversa: il problema è che l’attuazione è regionale al di là della normativa. Per cui, ci sono due, tre regioni virtuose, quelle del Nordest ma anche esempi di eccellenza a prescindere dalla collocazione geografica, tra queste sicuramente la Ruesch. La Campania, poi, è una delle regioni più avanti sulla manipolazione del sangue ad esempio. Ma spesso il problema è amministrivo più che terapeutico”.