Gli abitanti del Bronx di San Giovanni a Teduccio, l’ex Taverna del Ferro, si schierano con Geolier. Il giovane rapper napoletano, che andrà a Sanremo con un brano che sta facendo molto discutere per come è stato scritto, può contare sul sostegno della sua “seconda casa”. Uno striscione unisce idealmente i due famosi murales realizzati da Jorit, in cui ci sono Diego Armando Maradona e proprio Emanuele Palumbo, in arte Geolier.
“Geolier vinci per Napoli” è l’esortazione. Preceduta da una scritta che recita: “Dopo Secondigliano la tua seconda casa è San Giovanni a Teduccio, dove ci siete tu e Maradona”. In questi giorni il rapper è al centro di un’accesa polemica social provocata dalla pubblicazione del testo del suo brano “‘i p me, tu ‘p te”. Il settimanale “sorrisi è Canzoni”, come sempre a ridosso della kermesse canora, manda in stampa i testi completi dei brani in gara. Su quello di Geolier si è abbattuta la scure dei puristi della lingua napoletana, capitanati dallo scrittore, Maurizio De Giovanni e del giornalista-scrittore Angelo Forgione. Il cantante avrebbe la colpa di aver scritto in una “lingua” diversa da quella partenopea l’intero brano.
Geolier, che non avrebbe bisogno di difendersi in quanto incarna perfettamente la scena rap, che utilizza a tutte le latitudini un linguaggio “meticcio”, infarcito di “slang” che si distacca completamente dalla lingua originale, ha comunque chiarito nel corso di un’intervista al quotidiano Il Mattino la sua posizione: “E’ il mio rap, è il mio dialetto e sembra che mi capiscano… a Napoli, in Campania, in Italia”. Lo capiscono eccome, visto che ha riempito per i suoi concerti per ben tre date di seguito il “Maradona” e che risulta l’artista più “venduto” del 2023. Eppure le due posizioni possono convivere senza scontrarsi. E’ meravigliosa l’idea di conservare intatto il patrimonio di una lingua melodiosa e conosciuta nel mondo proprio grazie alla musica, così come si può accettare che ve ne siano declinazioni diverse e più moderne. Insomma, canta Geolier, canta, e nun penza a nisciuno… ma l’avrò scritto correttamente?