Non fu omicidio volontariato, figlio di un’azione cosciente. Non fu un gesto voluto e organizzato in modo doloso, ma un episodio figlio di negligenza e imperizia.
È quanto emerge dalla sentenza di appello a carico di Nello Mormile, il dj responsabile della corsa controsenso all’altezza della tangenziale di Agnano.
In primo grado, Mormile aveva avuto venti anni di reclusione, oggi passa una linea diversa, con la condanna dimezzata a dieci anni e due mesi.
Difeso dai penalisti Stefano Montone e Gaetano Porto, Mormile ha sempre dichiarato di non ricordare cosa fosse accaduto in quella notte di estate di tre anni fa, quando a bordo della sua auto, all’alba del 25 luglio 2016, percorse, contromano e a vari spenti, un lungo tratto della tangenziale di Napoli di ritorno dalla zona Flegrea, provocando un incidente stradale in cui persero la vita la fidanzata, Livia Barbato, e Aniello Miranda, un uomo che a bordo della sua vettura si stava recando a lavoro.
In secondo grado il sostituto procuratore generale aveva chiesto 16 anni di reclusione. Secondo i periti, il deejay era infatti frastornato ma lucido quando girò improvvisamente con la sua auto sulla Tangenziale, iniziando una folle corsa contromano che portò, cinque chilometri dopo, a scontrarsi con l’auto di Miranda, uccidendolo sul colpo assieme a Livia Barbato.