Allarme della Confcommercio: a Napoli chiuse altre 600 imprese

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NAPOLI – “I consumi ed il mercato interno sono fermi. Secondo i principali istituti di ricerca, la crescita del PIL in Campania nel 2016 non dovrebbe superare l’1%. A dimostrazione di ciò, il dato ISTAT per cui le vendite al dettaglio su base annua (aprile 2015-aprile 2016) sono calate dello 0,5% in valore e dello 0,9% in volume. Per i prodotti alimentari il calo arriva all’1,6%. E’ un chiarissimo segnale di come il disagio dei consumatori non sia stato superato”. Lo ha detto Pietro Russo, presidente della Confcommercio Imprese per l’Italia della Provincia di Napoli, nel corso dell’Assemblea generale partenopea.
“Tutto ciò – ha continuato Russo – non può che avere un impatto fortemente negativo sul mondo delle imprese: nell’ultimo anno il numero complessivo delle imprese commerciali e dei pubblici esercizi in provincia di Napoli è diminuito di un ulteriore 5%, con un saldo negativo tra aperture e chiusure di oltre 600 unità. Tra queste, le chiusure più frequenti riguardano i settori dell’abbigliamento e delle calzature e nel dettaglio alimentare tradizionale”.
“Un’economia solida deve basarsi su un forte mercato interno, che in Italia non può realizzarsi senza il Mezzogiorno ed un incremento degli scambi tra il Sud e il Centro-Nord. Naturalmente pensiamo ad un Meridione che sappia valorizzare i propri punti di forza, senza inseguire sogni industrialisti o sussidi di massa mascherati da impieghi pubblici. Per questo motivo – ha continuato il presidente di Confcommercio Napoli – in occasione delle elezioni amministrative abbiamo presentato ai candidati un documento con i punti che riteniamo fondamentali per lo sviluppo della città, ognuno accompagnato dall’indicazione di interventi immediatamente cantierabili per la realizzazione”.
Infine, un piano con il supporto della Regione per l’accesso al credito: “Abbiamo proposto un Piano Juncker per la Campania, vale a dire la creazione di un Fondo Straordinario di Garanzia con una dotazione di almeno 200 milioni di euro provenienti da Fondi Europei della programmazione 2014-2020 e la possibilità di controgarantire sino all’80% dell’importo affidato. Un fondo di questo tipo potrebbe attivare nuovi prestiti per 3 miliardi di Euro, che andrebbero concessi alle imprese strutturalmente sane, ma in temporanea difficoltà per la crisi o impossibilitate ad effettuare nuovi investimenti”.