Dovette subire l’onta di una squalifica ingiusta da parte della Figc per ipotesi di combine ma fu assolto dalla giustizia penale “perché il fatto non sussiste”. Generoso Rossi, promettente portiere del Palermo, del Siena e con numerose presenze nella Nazionale Italiana Under 21 di calcio, è uno di quegli atleti ai quali, una frettolosa squalifica federale, ha stroncato la carriera. Riabilitato dalla giustizia penale, ha visto svanire i sogni di gloria del grande proscenio della serie A, addirittura essendo ritenuto uno dei giovani estremi difensori più promettenti d’Italia. Anni 2000, Generoso Rossi ricominciò dalle serie minori, ma con un segno indelebile sul nome, che non gli consentì di raggiungere i successi sperati. Oggi si affida ad uno Studio legale di grande esperienza, quello dell’Avvocato Giuseppe Mazzucchiello, esperto di risarcimento danni e di diritto sportivo e decide di chiedere, appunto, un risarcimento consistente alla Federazione Italiana Giuoco Calcio per “la carriera e la vita che mi ha rovinato”.
“La Federazione senza alcuna prova, e solo sulla base di indizi che poi il Tribunale penale ha stabilito non fondati – spiega Generoso Rossi – mi ha di fatto rovinato la carriera e la vita con una squalifica che mi ha tagliato le ali proprio nel momento in cui stava decollando e quando tutti parlavano di me come uno dei più promettenti della nuova generazione di portieri che venivano subito dopo il grande Buffon”.
Ma purtroppo la squalifica non ha consentito a Generoso Rossi di dimostrare se queste aspettative fossero o meno realistiche.
“Ho provato a ripartire ma ormai in serie A ero bollato e mi guardavano come una mela marcia – aggiunge Generoso Rossi – e quindi ho dovuto ripartire dalle serie minori dove mi sono tolto tante soddisfazioni: è il caso di Trieste, dove i tifosi mi hanno davvero amato e li ringrazio tanto, ma ovviamente le premesse erano ben diverse”.
Subito dopo la squalifica, Rossi dovette rescindere il contratto con il Palermo che non voleva più avere nulla a che fare con il portiere che aveva acquistato dal Venezia.
“Oggi che il Tribunale mi ha dichiarato completamente innocente, addirittura perché il fatto non sussiste – si chiede Rossi -, cosa me ne faccio sul piano morale e sportivo? Ormai ho lasciato il calcio giocato. Però sono felice di dedicarmi, nella mia scuola per portieri, ai ragazzini, aspiranti portieri, ai quali sto insegnando i valori della vita pulita, a giocare sano e a credere, nonostante tutto, nella giustizia e nelle istituzioni”.
Ma adesso è Rossi a volere giustizia e una definitiva riabilitazione.
“La Federazione deve risarcirmi per una vita che non avrò più, forse potevo diventare un fenomeno o restare una promessa inesplosa come a volte accade. Ma mi è stata tolta la possibilità di saperlo e di dimostrarlo. E tutti i miei cari e familiari ne hanno sofferto e, ogni volta che andavo in campo, speravo sempre di non fare una papera, perché sapevo che mi avrebbero subito offeso e chiamato venduto. Non è bello vivere e giocare così, certe volte ho temuto di non farcela. Chiedo Giustizia per me e per la mia famiglia., ma anche per tutti ragazzini che alleno, e so bene quanti sacrifici fanno i genitori per consentirgli di vivere il sogno di diventare portieri professionisti.
A loro quindi dedicherò una gran parte del risarcimento che chiederò alla Federazione con l’aiuto e l’assistenza del mio difensore, che ringrazio sin d’ora per aver creduto in me. Appena ne avrò la possibilità organizzerò una grande scuola per portieri magari con un campus per l’ospitalità. Ma sono già felice per quello che sto facendo per loro”.