La memoria è un ingranaggio collettivo che serve nel presente e per costruire il futuro. Il 27 gennaio è una ricorrenza sempre più attuale in quest’epoca di emergenza pandemica, che apre una nuova crisi sociale ed economica. Il rischio di discriminazioni vecchie e nuove investono territori come Scampia, periferia nord di Napoli, dove vive una comunità rom da diversi decenni. La zona rossa di un campo comunale a Secondigliano, come i fatti di Mondragone lo scorso giugno, hanno sollevato venti di intolleranza.
La storia ci racconta come i rom sono protagonisti della Giornate della Memoria con il Samudaripen- Porrajmos, l’Olocausto dei rom, durante il quale ci fu il genocidio di 500mila rom e sinti nei campi di sterminio dal 1936 al 1945. Solo tra il 2 e il 3 agosto 1943 più di 4mila persone, in maggioranza donne e minori, furono sterminati nel “campo degli zingari” ad Auschwitz.
È necessario rilanciare i valori della convivenza e del rispetto per chi abita gli stessi spazi, gli stessi territori e condivide gli stessi bisogni. È necessario superare la logica dei campi, perché non diventino moderni “lager” e degli “stati di eccezione” attraverso i quali viene di fatto impedito alle persone di inserirsi all’interno dei circuiti ordinari sui temi dell’abitare, del lavoro, dell’istruzione e della salute, già fortemente in crisi.
«È importante contribuire e diffondere una narrazione sulla Giornata della memoria – affermano i portavoce dell’associazione Chi rom e chi no – che includa il ricordo di tutti coloro che furono sterminati nei campi di concentramento, vittime di una ideologia folle e disumanizzante. Tenere viva la memoria significa ricordarci ogni giorno che le comunità rom sono tuttora le più discriminate in Europa e che questa discriminazione si traduce concretamente con politiche inadeguate o razziste che si ripercuotono duramente sulla vita delle persone, soprattutto sulle giovani generazioni. È necessario – proseguono dall’associazione – riattualizzare il tema della memoria, perché le ideologie razziste che hanno determinato gli atroci stermini, non riemergano né in Europa né altrove. Bisogna essere vigili perché il vento dell’intolleranza non sia lasciato soffiare tra le strade, nelle scuole, nei palazzi del governo».