Svolta nell’indagine della procura di Genova sulle false manutenzioni dei ponti da parte di Spea, la società gemella di Autostrade per l’Italia del gruppo Atlantia. Secondo i giudici, alcuni dirigenti, manager, tecnici e anche un professionista esterno avrebbero “ammorbidito” i report sulle strutture per evitare costosi e immediati interventi da parte del concessionario autostradale. Sono in tutto 9 le misure cautelari e interdittive che riguardano anche il divieto di esercitare la professione. Per tre degli indagati si tratta di arresti domiciliari. L’indagine è nata come costola dell’inchiesta sul disastro del ponte Morandi. I controlli su sei ponti sarebbero stati effettuati prima e dopo il crollo del 14 agosto 2018. E le relazioni “aggiustate” — a seconda delle competenze — riguardavano inizialmente sei fra ponti e viadotti gestiti dal concessionario del gruppo Benetton sui quali avevano fatto le ispezioni: il Paolillo sulla Napoli-Canosa, il Moro vicino a Pescara, il Pecetti, il Sei Luci e il Gargassa in Liguria e il Sarno sull’ A30. In sintesi: l’ obiettivo delle falsificazioni sarebbe stato quello di far apparire le condizioni dei viadotti migliori di quelle reali.
In particolare, sono finiti ai domiciliari Massimiliano Giacobbi (Spea), Gianni Marrone (direzione VIII tronco) e Lucio Torricelli Ferretti (direzione VIII tronco). Le misure interdittive, sospensione dai pubblici servizi per 12 mesi, riguardano tecnici e funzionari di Spea e Aspi: Maurizio Ceneri; Andrea Indovino; Luigi Vastola; Gaetano Di Mundo; Francesco D’antona e Angelo Salcuni.