Due stanze (Comunicanti), mostra all’Area 24 Space

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25 NOVEMBRE 2017 – 23 FEBBRAIO 2018
Inaugurazione Sabato 25 novembre ore 18,30
AREA 24 SPACE – partner adrArt Associazione Culturale
80143 Napoli – via Ferrara, 4 – 
(angolo Corso Novara a 300 mt dalla Stazione Centrale FS)

Sempre con l’obiettivo di far conoscere ad un pubblico sempre più vasto l’arte contemporanea, AREA24 SPACE inaugura una nuova collettiva in cui sono esposte le opere selezionate di Maestri di livello internazionale, che, oltretutto, hanno fatto registrare notevoli record presso tutte le maggiori Aste d’Europa.
Getulio ALVIANI, nato a Udine nel 1939, fa parte del gruppo di Artisti italiani che oggi sono maggiormente conosciuti nel Mondo. Apprezzato sia dalla critica che dal mercato dell’Arte che segnala un continuo aumento delle sue quotazioni. E’ presente con un’opera che descrive bene la sua ricerca, “superficie a testura vibratile”, in cui la superficie in alluminio è stata fresata elettricamente ed assume un’aspetto diverso ad ogni incidenza luminosa e ad ogni mutamento di angolo visivo.
Franco COSTALONGA, nato a Venezia nel 1933, dopo aver seguito i corsi di Remigio Butera, negli anni Sessanta aderisce al gruppo Dialettica delle Tendenze e comincia a realizzare opere tridimensionali con i materiali più diversi. In seguito aderisce al gruppo Sette-Veneto, con Bruno Munari e poi con il Centro Operativo Sincron di Brescia. Nel 1978 entra a far parte del gruppo Verifica 8+1. Oggi è considerato tra i maggiori artisti dell’arte cinetica.
Gianni DESSI’, nato a Roma nel 1955, si diploma all’Accademia di Belle Arti nel corso di Toti Scialoja. Con D.Bianchi, G.Gallo e B. Ceccobelli formano il gruppo degli Ausoni detto “Nuova scuola romana”. Artista, partito da esperienze informale, realizza sia opere in cui si evidenzia un forte rapporto tra forma, luce e materia, sia opere polimateriche che inducono a svariate interpretazioni.
Tano FESTA, Roma 1938-1988, considerato tra i maggiori artisti della “Pop Art” italiana, espone da giovanissimo con Angeli, Schifano e Uncini. La sua è un’arte popolare (ci teneva a sottolineare la differenza con la Pop Art americana) basata sulla citazione come quelle ad esempio su i frammenti michelangioleschi del Giudizio Universale.
Mark KOSTABI nasce nel 1960 a Los Angeles, studia alla California State University di Fullerton e ben presto assume uno stile tutto personale realizzando opere cariche di allusioni e riferimenti all’arte antica. Alcuni artisti come Caravaggio, Raffaello, Perugino, Magritte, Warhol e soprattutto De Chirico (figure dei manichini e soggetti senza volto) rappresentano la base dei suoi lavori. Nel 1988 fonda il suo studio, galleria, ufficio a New York denominato “Kostabi World” in cui, molti assistenti e con criteri industriali, producono circa 1000 quadri all’anno, di cui solo una piccola parte portano la sua firma.
Julio LE PARC, nato nel 1928 a Mendoza in Argentina, negli anni cinquanta, si avvicina all’arte bidimensionale e realizza opere a rilievo con diverse inclinazioni e livelli in cui assume un ruolo fondamentale la luce. Successivamente la sua ricerca si orienta verso lo studio dei colori puri con i quali realizza moduli geometrici che creano effetti tridimensionali e dinamici. I due punti fondamentali per la sua crescita artistica furono nel 1943 alle Belle Arti di Buenos Aires dove segue i corsi di Lucio Fontana e conosce il Movimento spazialista, e nel 1958, a Parigi dove incontra Victor Vararely. Negli anni ’60 con il “Gruppo G.R.A.V”,”Gruppo N” e il “Gruppo T” a Milano, inizia le sperimentazioni con la luce.
Marino MARINI, Pistoia 1901 – Viareggio 1980. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze e si dedica prima al disegno e alla pittura, poi alla scultura. A 28 anni, su invito di Arturo Martini, insegna scultura presso la scuola d’arte di Villa Reale a Monza e realizza la scultura “Popolo” che gli porterà notevoli consensi di pubblico e di critica. Nel 1931 realizza una scultura in legno policromo (Ersilia), mentre nel 1936 realizza “il Cavaliere”, in due versioni, una in bronzo ed una in legno ( ora in Vaticano), opera fondamentale che condizionerà la sua successiva ricerca.
Vettor PISANI, Bari (anche se dichiarava di essere nato a Ischia) 1934 – Roma 2011). Artista e performer, architetto e maestro muratore, giovanissimo diventa discepolo di un Maestro Rosacroce ed inizia una serie di viaggi in varie città europee. Le opere di Vettor Pisani evidenziano continui riferimenti alla cultura esoterica e alle avanguardie storiche.
MARIO SCHIFANO, Homs 1934 – Roma 1998. E’ considerato con Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini, il massimo esponente della Pop Art italiana ed europea. I suoi primi lavori, tipicamente informali, subiscono una svolta negli anni ’60 quando in America incontra l’opera di Dine e Kline. In seguito lavora per cicli tematici come quello dedicato al Futurismo, alla serie Ossigeno ossigeno, Oasi, Compagni compagni, il ciclo Reperti dedicato agli animali del mondo preistorico, seguono i cicli Architettura, Biplano, Orto botanico. Al 1964 risalgono le sue esperienze cinematografiche i cui contenuti sono caratterizzato da un continuo flusso di immagini così come prodotto dalla nostra civiltà tecnologica.
Shozo SHIMAMOTO, Osaka 1928 – 2013. Considerato il più grande innovatore e sperimentatori della scena dell’arte del dopoguerra negli anni cinquanta, è stato uno dei fondatori del Gruppo Gutai. I componenti di questo Gruppo si proponevano di cambiare radicalmente l’idea diffusa dell’arte giapponese floreale, decorativa e spirituale in un’arte essenzialmente materica. Shimamoto, condizionato dalla terrificante esperienza di Hiroshima e Nagasaki, dagli anni ’50 realizza opere facendo gocciolare la pittura sulla tela e questo metodo è diventato negli anni sempre più spettacolare fino a trasformarsi in vere e proprie performance. Definito “artista-angelo” Shimamoto fa del suo corpo l’elemento essenziale per la composizione, infatti, spesso realizza le sue opere lanciando il colore “appeso” ad una gru. Ha tenuto performance e mostre in tutto il mondo, ne ricordiamo alcune: nel ’63 a Torino, nel ’66 e in Olanda e a Parigi, nel ‘79 all’Alberta World Simposium in Canada, nell’85 a Madrid, nell’86 al Centre Pompidou, nell’87 a Dallas, nell’88 nelle Filippine, nel 1990 nella Galleria d’Arte Moderna di Roma, nel ’91 a Darmstadt in Germania, nel ‘93 al Global Forum di Kyoto, nel ’98 al MOCA di Los Angeles. Dal 2000 al 2011 ha lavorato essenzialmente in Italia. Sue opere sono nei Musei di tutto il Mondo.
Emilio TADINI, Milano 1927- 2002. pittore, critico d’arte, poeta, scrittore e giornalista della carta stampata e della televisione (di lui Umberto Eco scrisse: “uno scrittore che dipinge, un pittore che scrive”. Inizia lavorando nella tipografia e Casa Editrice Grafiche Marucelli. A 20 anni si laurea in Lettere e pubblica sulla rivista “Il Politecnico” di Elio Vittorini “La passione secondo Matteo” .Il sua pittura che si sviluppa per cicli, sempre raffinata, è influenzata da Picasso, De Chirico e dalla Pop Art inglese. Tiene esposizioni in Italia e all’Estero, di cui ricordiamo la sua prima mostra alla Galleria del Cavallino di Venezia, allo Studio Marconi di Milano, alla Biennale di Venezia, alla Galerie du Centre di Parigi. Nel 2001 gli viene dedicata una grande retrospettiva al Palazzo Reale di Milano.
Michele ZAZA, Molfetta (Puglia) 1948, dopo aver frequentato l’istituto di Belle Arti di Bari, si trasferisce a Milano per seguire il corso di scultura di Marino Marini all’Accademia di Brera.Le sue prime mostre hanno luogo a Milano presso la galleria Diagramma (“cristologia” nel 1972 e “naufragio euforico” nel 1974) e a Bari presso la galleria Bonomo (“dissidenza ignota” 1973), a Brescia alla galleria Minini e a Napoli da Lucio Amelio.Nel 1976 con il ciclo intitolato “anamnesi”, invita lo spettatore ad un mondo magico dove le figure sembrano volare, come in un sogno, attraverso molliche di pane. L’artista apre uno spazio celeste aereo che evoca la misteriosità dell’universo, uno spazio di libertà ritrovata. Verso la fine degli anni ’70 le opere di Zaza invertono il rapporto tra l’alto e il basso, il cielo col pavimento, liberano le cose dalla gravità del mondo “normale”, dalla loro funzione utilitaria.