Al Palazzo D’Avalos di Procida va in scena “629 – Uomini in gabbia” di Mario Gelardi

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Domenica 6 settembre ore 21, presso Palazzo D’Avalos a Procida, andrà in scena 629 – Uomini in gabbia, progetto di Mario Gelardi già applaudito al Napoli Teatro Festival Italia 2019 e nello stesso anno a Matera capitale europea della cultura – trasmesso anche in diretta su Radio Tre. Lo spettacolo nasce mettendo insieme autori provenienti da tre diversi Paesi — Spagna, Grecia e Italia —, che attraversano il clima di odio violento nei confronti dei rifugiati cui è approdata l’Europa. L’ex Carcere dell’isola di Procida, imponente edificio sul mare realizzato nel XVI secolo per volere del Cardinale Innico d’Avalos, ospita questa moderna epopea, che nell’allestimento di Gelardi vede al centro della scena una grande gabbia, all’interno della quale sarà ospitato il pubblico. In questo modo gli spettatori condivideranno con gli attori una reale compartecipazione allo stato d’animo di chi ha attraversato il mare per avere salva la vita. Lo spettacolo, prodotto dal Nuovo Teatro Sanità, è organizzato da Impresa sociale Less con il patrocinio dei comuni di Procida e Monte di Procida. L’evento è gratuito, con prenotazione obbligatoria attraverso il link https://forms.gle/4r1WLYf9aCgADVJL6.

Domenica 10 giugno 2018, il governo italiano non ha concesso alla nave Aquarius della flotta della Ong Medici Senza Frontiere di fare ingresso in un porto italiano. A bordo si trovavano 629 migranti, tra cui 123 minori non accompagnati, 11 bambini, 7 donne incinte. In quel momento, 629 erano anche i deputati della Repubblica Italiana: una strana coincidenza numerica, tra uomini che decidono e uomini che non hanno alcun diritto, è alla base di questo progetto. Sono due le suggestioni che guidano lo spettacolo. La prima è ispirata a “The Brig”, messo in scena dal Living Theatre — che si rifà al teatro della crudeltà di Antonin Artaud —, in cui gli attori erano rinchiusi in una gabbia, per rappresentare le brutali condizioni nelle prigioni-vascello dei marines. In quel caso, il teatro divenne un gesto politico: si voleva esorcizzare la violenza reale per mezzo della violenza teatrale. Altre gabbie, solo pochi mesi fa, erano al confine tra l’America e il Messico. Enormi gabbie in cui donne, bambini e uomini, divisi gli uni dagli altri, vivevano in attesa di sapere se potevano superare il confine tra i due Stati.

«Questa nuova edizione di 629 è realizzata in un luogo di coercizione a pochi passi dal mare – spiega Mario Gelardi. Ed è dal mare che provengono le voci che si incontrano in questo mio lavoro. Dal mare arrivano e al mare tornano come loro approdo naturale. In questo modo sarà ancor più vivida l’esperienza degli spettatori, sperando che le gabbie teatrali possano finalmente sgretolare, almeno nel tempo della rappresentazione, quelle mentali».