Bradisismo, Luongo: “Questa crisi meno pericolosa di quella dell’84”

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Vista dall’alto la Solfatara appare una landa innocua e desolata. Un flebile fumo si alza da una delle bocche che caratterizza questo cratere, uno dei tanti del supervulcano dei Campi Flegrei. In un giorno particolarmente caldo, i gli sbuffi di vapore sono radi e quasi impercettibili.
“La temperatura dell’atmosfera è elevata per cui i vapori che fuoriescono e che sono alta temperatura non trovano il contrasto termico, e quindi sono poco visibili”, spiega il professor Giuseppe Luongo. Si arrampica con noi lungo la strada che costeggia l’area dell’antico cratere e osserva uno scenario che conosce a memoria. Vulcanologo di fama mondiale, ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, accademico e autore di centinaia di pubblicazioni scientifiche è chiamato costantemente a interpretare i segni che vengono dal sottosuolo. Il bradisismo a Pozzuoli oggi è a livello giallo: cosa significa?
“Significa che c’è un’attività, diciamo che ci sono dei fenomeni che mettono in evidenza un incremento dell’attività endogena. Si sceglie un livello verde per indicare attività normali. Quando poi questa attività aumenta con i segnali di tipo terremoti, velocità di sollevamento suolo, aumenta l’attività delle fumarole, si innalza il livello di pericolosità. Il primo livello al di là del verde che significa tranquillità è il giallo, quindi siamo al primo livello di allerta”.
L’innalzamento del livello del suolo in questa zona è 15 centimetri oltre quello del 1984. Come si fa a immaginare come potrà reagire la roccia? Fino a che punto potrà tenere?
“Vista che avvengono i terremoti, significa che si raggiunge il livello di sopportazione delle rocce e queste si fratture. Ma la frattura che avviene in profondità è molto piccola. E quindi non sono fratture che raggiungono la superficie, quindi non sono fratture che indicano pericolosità. Ora la cosa importante è che la sismicità forte non sia molto superficiale. Nel seno che non sia proprio una spinta verso l’alto che sta interessante proprio le centinaia di metri di superficie. No, qua siamo nella condizione che sono almeno tre o quattro chilometri nei  quali avvengono i terremoti. Quindi in questa roccia sottoposta a sforzo, quindi a pressione, si accumula l’energia e di tanto in tanto le rocce si fratturano. Queste rocce sono molto calde, per cui piuttosto che fratturarsi tendone a modellarsi lentamente, per cui noi abbiamo un sollevamento con poco fratture”.
Questo cosa significa per gli abitanti della zona? Che è un pericolo imminente che si percepisce, c’è un aumento della pericolosità? O è un ondamento che si poteva prevedere?
“Naturalmente quando ci sono i Tremoti, nelle persone si risveglia la preoccupazione. Quando è tutto tranquillo, sembrerebbe tutto risolto, ma in realtà il vulcano sta lavorando. Quindi, diciamo, i terremoti qui non raggiungono livelli di energia veramente pericolosi. Perché le rocce che possono dare energia sono di piccolo spessore, cioè la temperatura delle rocce è talmente elevata, in profondità superiore ai tre chilometri, che non possono fratturarsi. Quindi si modellano, quindi se non si fratturano non danno terremoti. Quindi i terremoti possono essere solo localizzati nella copertura di tre chilometri. Dunque i volumi di rocce
che possono fratturarsi sono molto contenuti, pertanto l’energia dei terremoti non potrà mai essere molto elevata”.
L’epicentro dello sciame sismico recente è tra la Solfatara e l’Accademia Aeronautica e molti dicono finché gli avieri stanno lì dobbiamo stare tranquilli. Lei è d’accordo?
“La parte centrale della caldea, cioè l’Accademia, la Solfatara, il Rione Terra, Pozzuoli, la città di Pozzuoli, sono  al centro del fenomeno. E’ evidente che la spinta maggiore è concentrata in questa zona è quindi lì che si generano più fratture e che avviene il maggiore sollevamento.
Insomma, se l’Accademia resta lì significa che il livello di pericolo è contenuto”.
Ma l’ipotesi che si spacchi questa roccia che si va via via deformando e crescendo, che cosa potrebbe comportare un’esplosione freatica? Lei lo immagina come scenario?
“Alcuni colleghi ritengono che sia possibile un’eruzione freatica. Un’eruzione freatica in realtà è il passaggio dell’acqua dalla fase liquida a una fase di vapore e gas, con conseguente aumento improvviso di volume. Questo produce un’esplosione. Perché questo possa accadere il magma non deve essere lontano dall’acqua. Quindi se il magma resta in profondità non possiamo neanche avere eruzioni freatiche significative. Abbiamo piccole esplosioni come quella che possiamo osservare alla solfatara, con la fangaia, con i soffioni e ai Pisciarelli”.
Dall’82 all’824 ci fu un triennio nel quale molti decisero di lasciare queste zone. La crisi che dal 2012 arriva in giorni d’oggi, lei la può paragonare a quella? Somiglia? È un’evoluzione di quella?
“Io ritengo che quell’evento sia stato generato da una spinta di maggiore energia. Ora la spinta in questo caso è molto minore,  tanto è vero che la velocità di sollevamento del suo è di circa 10 volte inferiore, da 5 a 10 volte inferiore. Quindi c’è un’energia che si libera più lentamente, e dunque la differenza c’è. Oggi c’è meno energia, diciamo meno potenza, cioè energia che si libera in un tempo breve.
che nel passato. Aspettiamo gli eventi, non sappiamo quanta energia è ancora disponibile”.
Lei però continua a vivere a Pozzuoli…
“Ma certamente, quindi ritengo che questa fase è una fase solo di attenzione”.